Architettura

La costruzione, l’uomo e il Pattern

«Pattern», come si legge sull’enciclopedia Treccani, significa modello, schema, configurazione. L’archeologo Flinders Petrie, che nel 1974 scrisse Decorative Patterns of the Ancient World, ha analizzato i motivi decorativi nelle arti e nell’architettura, cercando di metterli in relazione con la loro funzione, per comprendere perché certi disegni venivano scelti per adornare oggetti d’uso quotidiano o cerimoniale. L’indagine di Petrie è di supporto per la comprensione di cosa sia un pattern o, in italiano, un motivo, che è dunque un disegno, o disposizione di elementi, che si ripete in modo regolare o irregolare. In altri ambiti, come nella matematica, e in generale nel mondo scientifico, con pattern ci si può invece riferire a una sequenza regolare di numeri e forme soggette a una specifica logica, come la sequenza di Fibonacci, o modello di distribuzione spaziale, come i frattali. Analizzando un pattern si riesce sempre a definire il suo modulo, che può essere inteso come l’unità di base che ripetuta n volte costituisce poi il pattern. In architettura il modulo è una misura standard utilizzata poi per definire le proporzioni degli elementi costruiti. Se dunque pattern si può riferire generalmente a un motivo o a un disegno che si ripete, modulo è invece l’unità di base che ripetuta definisce il pattern. Nel mondo dell’architettura un ampio uso di pattern è fatto per la caratterizzazione delle facciate, nel layer che definisce il confine del costruito, la sua immagine, e quindi anche la sua riconoscibilità, sempre più importante in una società che si basa sull’apparire stimolata dall’uso di immagini che veloci girano il mondo grazie ai social.

“Condominio Postir”, fotografia di Selina Bressan presentata al concorso #scaladigrigi 2023 (Facciata fronte mare del Condominio Postir di Grado).

Facendo un passo indietro e pensando all’architettura antica, un pattern è definito sicuramente dall’opus reticulatum, letteralmente lavoro a rete, così chiamato per il suo aspetto che ricorda una rete, o appunto un pattern di rombi. Percorrendo la storia e arrivando alle architetture del Quattrocento, è invece naturale il riferimento a Palazzo Rucellai di Leon Battista Alberti a Firenze caratterizzato dall’uso del bugnato, un pattern ripetuto nell’attacco a terra dell’edificio, e da un modulo che si ripete dal piano terra al coronamento con cornicione poco sporgente. Con il manierismo che pone l’accento proprio sul segno, l’architettura viene avvolta dal pattern delle grottesche che si impossessano del costruito. Durante il Barocco, periodo nato come risposta alla Controriforma, il pattern e la decorazione diventano architettura in forme sinuose. Con il Neoclassicismo, invece, che si rifà ai canoni estetici dell’architettura classica, greca e romana, si torna a una certa stabilità e all’uso di pattern simmetrici basati su moduli rigorosi che richiamano a una estetica sobria e razionale. L’epoca dell’industrializzazione invece è caratterizzata da un uso di pattern architettonici che si arricchiscono di nuove possibilità: il modulo è creato in fabbrica, prodotto in serie, e i pattern sono dunque frutto della macchina. Costruzioni che si spingono in verticale composte da elementi seriali che si agganciano e incastrano tra di loro e che definiscono, nell’insieme, la monumentalità; basti pensare alla Gare d’Orsay di Parigi, oggi Museo d’Orsay, per restare meravigliati dal modo in cui l’architettura industriale sia definita da un modulo regolare.

“Vertical building”, fotografia di Lorenzo Linthout presentata al concorso #scaladigrigi 2023 (Parigi).

Il modulo diventa poi centrale con l’architettura del Movimento Moderno con il modulor di Le Corbusier che diventa misura di tutte le cose, fusione dell’architettura umana con la geometria. Il modulo non è più decorazione ma è plasmato dalla funzione, e le forme si ripetono geometricamente anche sulle facciate dei grattacieli, dove grazie all’uso di un pattern modulare si ottiene una costruzione razionale ed economica che spinga al massimo il guadagno. Grazie al cemento armato la ripetizione e la modularità possono essere applicate non solo alla forma estetica ma anche alla struttura. Il modulo diventa quindi un modulo strutturale, una cassaforma che si ripete all’infinito, un passo che regolarizza la presenza di un pilastro all’interno di un telaio. Con la possibilità di creare il modulo in fabbrica e il pattern in cantiere nasce il cemento armato prefabbricato, e in alcuni casi il prodotto in cemento diventa contemporaneamente pattern di facciata e modulo strutturale, ancora una volta a sottolineare la flessibilità di questo materiale. Nel Postmoderno, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, per i pattern ad avere una valenza decorativa non si può sicuramente non pensare all’architettura di Michael Graves o Robert Venturi. Il Portland Building (1982) di Graves è sicuramente la sintesi dell’architettura postmodernista con la sua organizzazione tripartita e con le facciate decorate da ghirlande stilizzate; il tutto in chiara contrapposizione alla sterile facciata in acciaio e vetro del grattacielo moderno.

“I cavoli di Crèteil”, fotografia di Lorenzo Linthout presentata al concorso #scaladigrigi 2023 (Crèteil, Parigi).

Con il nuovo millennio la ricerca di un modulo ripetibile industrialmente è anche frutto di analisi parametriche molto complesse. Pioniera in questo ambito l’Architetta Zaha Hadid che ha incorporato il concetto di modulo nelle sue architetture fluide e organiche realizzabili solo grazie alle caratteristiche intrinseche del cemento armato. L’introduzione, dunque, del design parametrico ha avuto un impatto notevole sulla produzione di moduli in cemento armato curvi e flessibili capaci di adattarsi e seguire i modelli matematici. Oggi la strada delle stampanti 3D apre nuovi capitoli nella storia del cemento e il modulo-pattern sta tornando ad avere una centralità tutta da definire.

“S S S S”, fotografia di Lorenzo Linthout presentata al concorso #scaladigrigi 2023 (Parigi).

Da decorazione a struttura, il pattern-modulo ha avuto diverse accezioni che grazie al cemento sono collimate in un elemento non più solo funzionale, ma anche come un potente mezzo espressivo capace di rispondere sia a esigenze tecniche sia a nuove sfide estetiche, sociali e ambientali.

Matteo Ocone
Ingegnere e Architetto consegue la laurea in Ingegneria Edile-Architettura al Politecnico di Milano. Oggi è dottorando in Ingegneria Civile, indirizzo Architettura e Costruzione, tutor Prof.ssa Tullia Iori, presso il Dipartimento DICII - Dipartimento di Ingegneria civile e Ingegneria Informatica - dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”: la sua attività di ricerca si svolge nell’ambito della Storia dell’Ingegneria Strutturale in Italia nel XX secolo.

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