Sostenibilità

Il calcestruzzo per un’edilizia “circolare”

Il contesto

Il New Green Deal europeo promuove la transizione verso l’economia circolare focalizzandosi su alcuni settori specifici tra cui le costruzioni. Il settore dell’edilizia è responsabile del consumo di circa il 50% di materie prime estratte che a livello mondiale equivale a oltre 42 miliardi di tonnellate di materiali consumati in un anno[1]. Nel contempo è anche responsabile di un terzo del totale dei rifiuti prodotti; in Italia il 41,3 % di tutti i rifiuti speciali sono gli scarti provenienti dal settore edile[2].

Applicare concetti di efficienza nell’utilizzo delle risorse e di economia circolare al settore è ad oggi problematico per via delle dimensioni del problema e della molteplicità di controparti coinvolte. In Italia gli operatori del settore stanno iniziando ad affrontare il tema a partire dall’analisi dello stato di fatto con proposte di linee strategiche e con l’avvio di prime azioni concrete.

GBC Italia, in qualità di associazione nazionale votata alla trasformazione del mercato verso edifici che ottimizzano l’utilizzo delle risorse nell’intero ciclo di vita, ha pubblicato un Manifesto indirizzato alle istituzioni intitolato “Un ambiente costruito sostenibile per l’Italia del futuro: le proposte di GBC Italia”. Uno dei temi chiave identificato è proprio l’economia circolare. Per favorire la diffusione dei principi dell’economia circolare, GBC ha anche pubblicato un Position Paper in cui presenta lo stato dell’arte, messaggi chiave e raccomandazioni su azioni prioritarie.

I principi di riferimento per un’edilizia “circolare”

Secondo la definizione della Ellen MacArthur Foundation, economia circolare «è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola”, ovvero reintegrare i flussi di materiali biologici nella biosfera e rivalorizzare quelli tecnici, senza entrare nella biosfera. Più semplicemente si tratta di chiudere il ciclo reimmettendo gli scarti stessi come “materie prime seconde”.

La concezione e la progettazione degli edifici applicando principi di sostenibilità sono riconosciute come l’elemento di svolta per innestare il meccanismo virtuoso della circolarità in edilizia. Si tratta di concepire edifici che generino meno rifiuti di costruzione e demolizione, facilitino il riuso e il riciclaggio dei materiali, prodotti e componenti, e contribuiscano a ridurre gli impatti ambientali e i costi del ciclo di vita dell’edificio. Per costituire il fondamento della circolarità, la progettazione dovrebbe concentrarsi su alcuni obiettivi chiave: la durabilità dell’edificio, la sua adattabilità, la riduzione dei rifiuti[3] e la riciclabilità dei materiali, nel contempo massimizzando il contenuto di riciclato. È responsabilità degli operatori applicare questi principi dando priorità a quelli che generano i maggiori benefici a fronte dei minori costi sulla base dei progetti costruttivi sotto esame.

Il concetto di durabilità significa mantenere prodotti, componenti e materiali a un livello di prestazione adeguato e più a lungo. Si tratta di garantire che gli elementi strutturali dell’edificio durino quanto la vita utile dell’edificio stesso o, se non possibile a causa di intrinseca obsolescenza o cambiamento dei requisiti (es. infrastrutture tecnologiche), assicurare che siano riutilizzabili o riciclabili e facilmente smantellabili. A tal fine è importante che siano disponibili e rintracciabili le informazioni sui prodotti, i materiali e i dettagli di progettazione.

Prolungare la vita dell’edificio – durabilità, manutenzione, riparazione – diventa il primo obiettivo per un uso efficiente delle risorse. Il recupero e il riuso[4] degli edifici, con il loro utilizzo per nuove destinazioni d’uso, possono essere considerati una forma di economia circolare a cui tendere, in alternativa a interventi di nuova costruzione o sostituzione edilizia. L’edificio non diventa un rifiuto ma viene rigenerato.

Ai team di progettazione, ingegneri e architetti, dovrebbe essere assegnata la responsabilità di applicare l’approccio di analisi del ciclo di vita a scala di edificio, considerando l’intero ciclo di vita, dalla produzione dei materiali, alla costruzione, all’uso e al fine vita, sia in termini di impatti ambientali che di costi. I produttori di materiali hanno la responsabilità di applicare concetti di eco-design nella concezione del prodotto, inclusa la valutazione delle opzioni di fine vita, come la riparazione, il riuso, il disassemblaggio o il riciclaggio. La produzione industriale deve fornire prodotti “durevoli”.

L’adattabilità sta invece ad indicare una nuova cultura della progettazione che anticipi le richieste di modifiche e renda possibile il loro riadattamento, evitando che gli edifici siano demoliti prematuramente. È una modalità di estensione della vita utile a costi ragionevoli. L’edifico deve essere già progettato considerando diversi scenari, ad esempio nell’ottica di riconfigurazione degli spazi all’interno dell’involucro.

La riduzione dei rifiuti e la riciclabilità dei materiali passano anche attraverso la dichiarazione dei contenuti del prodotto, la sua composizione, i suoi potenziali di riuso e riciclaggio, per evitare ad esempio la contaminazione tra materiali. L’utilizzo di sostanze pericolose deve essere evitato per non inficiarne la riciclabilità. Per i prodotti con una breve durata di vita, gli schemi di responsabilità estesa del produttore stimolano il riuso e riciclaggio. I materiali stessi, oltre che essere riciclabili alla fine del loro ciclo di vita, possono apportare un contenuto di riciclato, sia di tipo pre-consumo (scarti da processo industriale) e sia di tipo post-consumo (es. lattine di alluminio usate per produrre allumina utilizzabile come materia prima nel cemento).

Economia Circolare (proposte dal Manifesto di GBC Italia)

  • Favorire il reimpiego di componenti provenienti dalla decostruzione selettiva di edifici esistenti e l’utilizzo di materiali per la costruzione con elevate percentuali di riciclato.
  • Attivare una piattaforma nazionale dei materiali con i dati necessari per abilitare analisi di LCA (Life Cycle Assesment).
  • Regolamentare la creazione di piattaforme di scambio di componenti di edifici per favorire la dismissione di edifici come banca materiali (BAMB – Buildings As Material Bank).
  • Richiedere, sin dalla progettazione di nuovi edifici privati, e ristrutturazioni importanti, piani di disassemblaggio e decostruzione selettiva come già previsto per gli edifici pubblici.

Economia circolare e le molteplici vite del calcestruzzo

Nella realtà dei fatti, in edilizia il passaggio da un’economia lineare a un’economia circolare richiama prevalentemente l’idea del riciclaggio dei rifiuti da demolizione. La tematica è di rilievo in considerazione dei volumi in gioco, circa 37 milioni di tonnellate in Italia nel 2017. La Direttiva Quadro sui rifiuti del 2008 fissa un target di recupero dei rifiuti inerti pari al 70% da raggiungere entro il 2020. La media italiana si aggira intorno a poco più del 75% (dati ISPRA 2017), con delle punte di eccellenza nei cantieri che utilizzano i protocolli di certificazione, con una percentuale di recupero dei rifiuti da demolizione che si avvicina quasi al 90%. In generale l’utilizzo degli scarti della demolizione, a valle di un pre-trattamento per la rimozione delle parti metalliche e riciclabili (legno, plastica), sono le sottofondazioni e rilevati stradali o i riempimenti. Rare ancora le iniziative per l’utilizzo per la produzione di aggregati per calcestruzzo o riutilizzo delle polveri nel cemento.

Demolizione, ricostruzione e riutilizzo dei materiali: Juventus stadium, Torino

Il Nuovo stadio della Juventus è stato progettato con attenti criteri progettuali e di sostenibilità, tra cui l’uso di molti materiali provenienti dalla demolizione del vecchio stadio, riutilizzati e riciclati. Nella costruzione del nuovo stadio sono stati utilizzati 40 mila metri cubi di calcestruzzo frantumato come sottofondo del rilevato strutturale. Dello stadio precedente sono stati utilizzate anche 5 mila tonnellate di acciaio appositamente ritrattati, 2 mila tonnellate di vetro e 300 tonnellate di alluminio.

Attualmente, in un contesto di economia lineare che va dall’edificio al suolo occupato, il valore viene perso in una serie di elementi, tra cui lo spazio sottoutilizzato, gli edifici demoliti prematuramente, i terreni liberi, i materiali da costruzione degradati e le componenti con prestazioni insufficienti. Passare a un’economia circolare significa cambiare i modelli di business per mantenere il valore in tutti questi elementi. L’uso intelligente del calcestruzzo come materiale e delle risorse che ne derivano hanno un potenziale perfetto per recuperare tale valore. Questo richiede di intervenire già nella fase di concezione e progettazione dell’edificio nel contesto in cui si colloca.

Come noto, il calcestruzzo è robusto, resistente, sicuro e richiede pochissima manutenzione. Fornisce riparo dalle condizioni meteorologiche più estreme e offre comfort termico nelle abitazioni e negli edifici per uffici, il che si traduce anche in risparmi sui costi energetici. Gli elementi in calcestruzzo possono essere progettati per durare oltre 100 anni, che è spesso un tempo molto più lungo del ciclo di vita dell’intero edificio. Il percorso verso la decarbonizzazione nell’ambiente costruito entro il 2050 richiederà la progettazione di nuovi elementi costruttivi pensati con una visione a più lungo termine, oltre il ciclo di vita originale dell’edificio, per cui gli elementi dell’edificio possono essere riutilizzati in un ciclo di vita futuro. Questo cambiamento richiederà innovazione sia nella progettazione che nelle tecniche di costruzione.

Applicando i principi di durabilità, disassemblaggio, adattabilità e circolarità alla progettazione di edifici e infrastrutture, le proprietà degli elementi in calcestruzzo possono essere migliorate per consentire il loro riutilizzo nei cicli di vita futuri di un edificio o in altre strutture da realizzare. Un simile approccio ridurrebbe significativamente le demolizioni e i successivi requisiti di estrazione delle materie prime evitando future emissioni di carbonio.

La solida struttura e le fondazioni di un edificio in calcestruzzo possono essere riutilizzate per dare vita a un edificio completamente nuovo, rinnovato o riproposto. Durante la ricostruzione, la massa termica può essere incrementata per ridurre la domanda di energia per il riscaldamento e il raffrescamento attraverso tecniche come l’aggiunta di massa di calcestruzzo ove pertinente o l’esposizione di calcestruzzo interno esistente. Se progettato pensando al futuro, un edificio in calcestruzzo consente il disassemblaggio e il riutilizzo adattivo di sistemi ed elementi.

Si stanno manifestando i primi esempi in cui la struttura di un edificio è stata riutilizzata per consentire un profondo adattamento e/o rinnovamento dell’edificio esistente. Benché oggi sia ancora raro disassemblare e riutilizzare elementi strutturali in un nuovo edificio, sfruttando il potere della digitalizzazione, alcune aziende hanno già sviluppato una tecnologia che consente metodi di progettazione e costruzione che incorporano principi di disassemblaggio e riutilizzo.

Tutti gli attori della filiera, in particolare architetti e progettisti, devono essere incoraggiati ad adottare un approccio al ciclo di vita sostenibile, a lungo termine e un approccio basato sui costi, al fine di migliorare la durabilità e facilitare la decostruzione e l’adattabilità degli edifici.

La conservazione e la trasformazione di strutture cementizie: da un teatro storico a un nuovo centro commerciale e culturale

Un caso di eccellenza di riuso e trasformazione di un edificio in calcestruzzo armato è l’ex storico teatro Smeraldo a Milano, costruito negli anni ’40, ora nuovo centro commerciale e culturale Eataly-Smeraldo. Il progetto si è concentrato, essenzialmente, sulla riorganizzazione del volume interno del teatro per adattarlo alla nuova destinazione d’uso. L’intervento sostanziale è stato la decostruzione della massiccia struttura portante della galleria del teatro per consentire la realizzazione, in conformità al progetto architettonico, del nuovo centro di ristorazione e punto vendita, che occupa interamente lo spazio dell’ex teatro e quello dei sottostanti piani interrati. Questo ha reso necessario l’allestimento di un cantiere particolarmente complesso a causa della ristrettezza degli spazi a disposizione. La principale opera di demolizione ha interessato la trave Vierendeel e la struttura da essa portata, costituita dalle travi reticolari di c.a. che sorreggevano la galleria. L’intervento ha previsto il consolidamento e rinforzo della struttura esistente, in particolare, sono stati rinforzati i due pilastri di sostegno della galleria del teatro e dei piani sovrastanti a uso residenziale. Le fondazioni esistenti sono state affiancate da nuove fondazioni su micropali, per le colonne principali e le strutture di controvento, e da fondazioni a plinto per le colonne secondarie. La trasformazione ha consentito inoltre la riqualificazione energetico-tecnologica grazie all’installazione di due pompe di calore acqua-acqua che sfruttano l’acqua di falda come sorgente termica.

Ref.
https://www.ceas.it/wp-content/uploads/2018/11/Dismissione-storico-teatro-smeraldo-a-Milano_Bruno-Finzi.pdf
https://www.ceas.it/wp-content/uploads/2018/11/Eataly-Milano-Smeraldo_Mauro-Savoldelli.pdf


[1] WorldGBC2019

[2] Rapporto Rifiuti Speciali elaborato dal Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) con il contributo delle Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione Ambientale

[3] Circular Economy Principles for Building Design, v.9 EU Commissions

[4] Riferimento: Norma UNI 10914-1:2001

Manuela Ojan
Ingegnere. È responsabile area Transizione Ambientale dell'Agenzia Mobilità, Ambiente e Territorio (AMAT), con competenze in tema di transizione ambientale ed energetica delle città, economia circolare, riqualificazione energetica, fonti di energia rinnovabile e forme di autoconsumo collettivo, qualità dell’aria, resilienza e clima, valutazioni ambientali (VIA e VAS), Agenda 2030 per sviluppo sostenibile dell’ONU e valutazioni dei benefici per le comunità.

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