Un ponte può unire, dividere, essere sospeso, abitato, isolato, o anche essere mobile, può essere quindi tante cose diverse, distinte, stati e condizioni che possono trovare risconto in qualcosa di immaginato, disegnato su carta, inciso su qualche materiale o realmente realizzato.
Figure del ponte. Simbolo e Architettura è il nome del libro scritto da Alberto Giorgio Cassani nel 2014, edito da Pendragon, e fornisce una serie di risposte alla domanda “che cosa è un Ponte?” (quello con l’iniziale maiuscola). Nel suo testo Cassani indaga lo stato ontologico di un Ponte, il suo simbolismo e le figure. Qualunque però sia l’essere, il Ponte è prima di tutto una rottura con lo stato predeterminato, un contrasto con l’ordine naturale delle cose, un artificio. Il Ponte ha inoltre una caratteristica, che spesso lo contraddistingue, che viola, secondo una concezione religiosa tradizionale, oltre alla terra, come qualsiasi altra costruzione umana, anche l’acqua, origine della vita.
Georg Simmel, in un saggio del 1909, Ponte e porta fa emergere il Ponte come nucleo del tema dell’interazione reciproca, proprio in virtù della connessione che esso opera tra due sponde. Simmel sostiene che, nonostante sia una fenditura della natura, il Ponte è una costruzione ingegnosa, fantasiosa, astratta e concretizza l’idea di unione, evidenziando una integrazione umana della natura.
Attraversare un Ponte potremmo dire che è venire a patti con la diversità, poiché in realtà il Ponte è un non luogo, un divario che però tiene insieme due parti che non possono quindi restare indifferenti. Un Ponte è anche espressione della conoscenza tecnica raggiunta sino alla costruzione dell’opera, a volte diventando il manifesto pubblicitario di una nuova invenzione tecnologica. È il caso dei ponti realizzati nei primi anni Cinquanta del Novecento in cemento armato precompresso, o ancor prima, precisamente nel 1779, a Coalbrookdale in Inghilterra sul fiume Severn, quando si realizza un ponte di 32 metri in ghisa, un manifesto pubblicitario delle capacità della vicina fabbrica di ghisa nel realizzare qualsiasi pezzo, anche parti che poi assemblate sono diventate un ponte. Dopo gli esperimenti in ghisa si passò allo sviluppo dei ponti in ferro, e la tipologia di riferimento sono i ponti sospesi e strallati, e nel 1890 fu costruito il Ponte sul Forth progettato da Baker e Fowler: 521 m di luce che dal 2015 è diventato Patrimonio Mondale dell’Umanità, un vincolo che per la prima volta riguarda l’oggetto Ponte e non il contesto. In questo periodo l’Italia, che come Stato unitario doveva ancora formarsi, si limita a imitare quanto accade oltre i propri confini perché di materiale metallico non è ricca. Al contrario, nel Novecento, quando il cemento armato diviene il materiale del mondo delle costruzioni, l’Italia, essendo ricca di marne da cemento, assume un ruolo chiave che porterà all’affermazione della Scuola italiana di ingegneria strutturale – maggiori info qui.
Nel Novecento i Ponti saranno progettati dai grandi ingegneri esponenti della Scuola e capaci di sfruttare al massimo le caratteristiche del cemento armato, plasmandolo in forme che si rifanno a quanto osservabile in natura, insuperabile maestra da imitare secondo alcuni progettisti, come faceva ad esempio Musmeci, o che sono il risultato di una scomposizione delle forze in gioco, come perpetrato da ingegneri che dominavano la materia cementizia bilanciando ed equilibrando gli elementi strutturali in gioco, come faceva Musmeci.
Solo per citare uno dei più bravi ingegneri della Scuola italiana di ingegneria strutturale basti pensare a Sergio Musmeci e al suo ponte dalla forma senza nome a Potenza. Il ponte sul fiume Basento in Basilicata è un guscio equicompresso dichiarato nel 2003, dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, “Monumento di Interesse Cultuale”: il primo ponte ad aggiudicarsi un vincolo del genere a livello nazionale, apposto a un’opera del Novecento. La forma senza nome è modellata plasmando il cemento armato come se fosse una mano aperta che con le dita sorregge l’impalcato, una forma che deriva dagli studi di Sergio Musmeci su membrane di gomma e film di sapone. Il ponte di Musmeci è una porta di accesso alla città di Potenza, che la unisce al resto, ma anche un ponte che supera i vincoli e gli ostacoli, scavalcando, oltre al fiume, anche la linea ferroviaria sfruttando al massimo la potenzialità del calcestruzzo armato: «Non c’era mai stata una struttura in cui lo spazio entrasse in ogni punto, producendo in ogni punto una curvatura, una tensione continua. La volta di Potenza – afferma Musmeci – è una specie di generalizzazione, nello spazio tridimensionale, di un concetto che per secoli è rimasto piano».
Il cemento armato, grazie alle sue proprietà di pietra fluida modellabile, si è quindi prestato a essere plasmato per andare oltre i limiti, per riunire le parti, e ricongiungere gli estremi che altrimenti sarebbero rimasti distinti. Una materia capace quindi di creare nuove connessioni.
Per noi esseri umani, e soltanto per noi,
le sponde del fiume non sono semplicemente esterne,
ma anche “separate”;
e questo concetto di separazione
non avrebbe alcun significato
se non le avessimo prima collegate
nei nostri pensieri rivolti a un fine,
nei nostri bisogni e nella nostra fantasia.
Georg Simmel
In copertina: “Ponte Vasco Da Gama di Lisbona”, fotografia di Domenico Ruta presentata al concorso #scaladigrigi 2023.