L’Europa punta a diventare il primo continente a zero emissioni di carbonio entro il 2050, un obiettivo ambizioso che rientra nell’European Green Deal. Questo traguardo richiede una trasformazione profonda verso un’economia a zero emissioni nette di gas serra, coinvolgendo tutti i settori produttivi, tra cui energia, industria, trasporti, edilizia e agricoltura. In questo contesto, l’adozione di strumenti come le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD, acronimo di Environment Product Declaration) e l’analisi del ciclo di vita (LCA, Life Cycle Assessment) gioca un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi climatici europei, garantendo al contempo una crescita economica sostenibile.
La Dichiarazione Ambientale di Prodotto è un documento che descrive gli impatti dei carichi energetici e ambientali associati alle varie fasi del ciclo di vita di un prodotto o servizio, ad esempio i consumi energetici e di materie prime, la produzione di rifiuti, le emissioni in atmosfera e gli scarichi nei corpi idrici, valutati mediante uno studio di Life Cycle Assessment (LCA), una metodologia standardizzata regolata dalle norme ISO 14040/44.
Le EPD rivestono un ruolo chiave in settori come l’edilizia, l’industria alimentare, il packaging e l’energia. Nel caso dell’edilizia, ad esempio, settore fino a oggi responsabile del consumo di circa il 50% delle materie prime estratte e del 39% delle emissioni di gas serra a livello mondiale, l’adozione delle EPD permette di individuare materiali a minore impatto ambientale, favorendo la realizzazione di edifici a zero emissioni nette (ZEmB) in linea con la recente direttiva EPBD IV (Energy Performance of Buildings Directive IV), nota come “Case Green”, e contribuendo attivamente a un’edilizia più sostenibile.
LCA, Life Cycle Assessment: che cos’è?
L’analisi LCA è uno strumento fondamentale per misurare e ridurre l’impatto ambientale e promuovere un’economia più sostenibile e circolare. È un metodo scientifico utilizzato per valutare gli impatti ambientali di un prodotto, processo o servizio lungo l’intero ciclo di vita, dalla produzione allo smaltimento. Esistono diverse tipologie di analisi, in funzione dei confini del sistema oggetto di studio.
L’analisi LCA relativa al prodotto può essere infatti condotta “dalla culla al cancello” (“from cradle to gate”), ovvero considerando quali confini del sistema tutte le fasi che vanno dall’estrazione delle materie prime fino all’uscita dallo stabilimento di produzione, oppure “dalla culla alla tomba” (“from cradle to grave”), comprendendo anche la dismissione del prodotto a fine vita. A queste due tipologie, si aggiunge quella “dalla culla alla culla” (“from cradle to cradle”) che sposta i confini dell’LCA fino ad abbracciare la fase di riconversione dei materiali in nuovi cicli di esistenza. Questa metodologia considera tutto il ciclo di vita di un prodotto nell’ottica di una economia circolare pensata per potersi rigenerare da sola, con un ciclo continuo di utilizzo e riutilizzo di materiali nel quale la dismissione di un prodotto a fine vita coincide con un processo di riciclaggio, quindi senza produzione di rifiuti. Le EPD rappresentano un’applicazione delle analisi LCA.

Cosa si intende per “EPD”?
Come definito dalla norma UNI EN ISO 14025 (Etichette e dichiarazioni ambientali – Dichiarazioni ambientali di Tipo III – Principi e procedure) che ne regola lo sviluppo, l’EPD è un’etichetta ambientale di III tipo, ossia uno strumento volontario e non valutativo, che contiene informazioni obiettive, confrontabili e verificate, sulle performance ambientali di un prodotto nell’arco del suo intero ciclo di vita, indipendentemente dal suo uso o posizionamento nella catena produttiva, e che, di fatto, ne certifica e comunica la sostenibilità.
La dichiarazione EPD viene amministrata da un “Program Operator” ed è sottoposta a verifica e convalida da parte di un ente terzo, al fine di garantire la completezza, l’esaustività e la veridicità delle informazioni in essa contenute. Secondo quanto stabilito dalla norma, la dichiarazione EPD dev’essere elaborata in conformità con le PCR (Product Category Rules) specifiche per ciascuna categoria di prodotto. Le PCR sono documenti che definiscono i principi e i requisiti condivisi a cui i produttori devono attenersi per la conduzione dell’LCA e dell’EPD di una specifica categoria di prodotti/servizi, al fine di consentire al mercato un confronto omogeneo degli impatti ambientali del medesimo prodotto/servizio. Avendo una valenza internazionale, le PCR devono essere realizzate mediante il coinvolgimento dei principali stakeholder, attraverso la mediazione del Program Operator, in base a un procedimento di consultazione pubblica che ne garantisca l’armonizzazione. L’EPD permette alle aziende di comunicare al mercato, in modo chiaro e trasparente, informazioni dettagliate sull’impatto ambientale dei propri prodotti e servizi. È applicabile a tutti i prodotti e servizi di un’azienda, purché per essi esistano delle PCR (Product Category Rules).
In Italia, il Program Operator di riferimento è EPD Italy, che si occupa di definire il regolamento EPD e di riconoscere gli enti di certificazione accreditati secondo la norma ISO/IEC 17065, come ad esempio ICMQ, SGS, TÜV SÜD e IMQ.
Perché l’EPD può essere utile
Negli ultimi anni, in risposta alla maggiore domanda di trasparenza ambientale e di prodotti e servizi “green” che arriva dalle istituzioni Europee e nazionali tramite l’emanazione di nuove leggi e regolamenti a cui adempiere, le EPD sono sempre più richieste e più utilizzate. Grazie a questo strumento, è possibile misurare e comunicare l’interesse e l’impegno di un’azienda verso tematiche ambientali (in continua evoluzione) e questioni etiche, elementi ormai non più legati esclusivamente alla volontà aziendale, ma fondamentali per la sopravvivenza del business. Di conseguenza, sono in continuo aumento le aziende, grandi e piccole, che scelgono questa certificazione volontaria per rispettare requisiti di sostenibilità, valorizzare prodotti a basso impatto e fornire ai consumatori una vera e propria garanzia di sostenibilità dei loro prodotti. Realizzare un’EPD permette di aumentare la trasparenza dell’azienda e acquisire un vantaggio competitivo sia in ambito B2B che B2C. Il valore aggiunto si estende anche a tutti gli stakeholder esterni e interni, nonché a tutti i partner coinvolti sull’intera catena di valore.
I vantaggi della Dichiarazione EPD
La possibilità di individuare le fasi del ciclo di vita del prodotto più rilevanti dal punto di vista ambientale derivante dallo studio LCA che, per sua natura, incoraggia lo spirito di innovazione e la ricerca di un miglioramento costante, consente inoltre all’azienda di effettuare interventi mirati nel ciclo produttivo che portino a una ottimizzazione dei processi e a una gestione delle risorse e dei costi più consapevole, favorendo quindi anche l’efficienza produttiva e l’adozione di tecnologie più all’avanguardia ed ecosostenibili. Così facendo, si valorizza la natura sostenibile del business model aziendale e del suo catalogo di prodotti/servizi, che rispondono a un modello circolare anziché lineare, e si è in grado di offrire prodotti e servizi che, grazie all’EPD, sono riconosciuti per avere caratteristiche tali da conservare più a lungo il loro valore economico rispetto alle alternative non sostenibili.
La dichiarazione EPD comporta quindi una serie di vantaggi per l’azienda, sia dal punto di vista competitivo che di riduzione dei costi e rafforzamento del brand. Dimostrando il proprio impegno verso la sostenibilità, aumentano sul mercato la reputazione e la fiducia del marchio. Da ultimo, va sottolineato il ruolo strategico dell’EPD nel rapporto con la Pubblica Amministrazione, dove il Green Public Procurement (GPP) e i Criteri Ambientali Minimi (CAM) impongono di privilegiare le aziende che forniscono beni e prestazioni a basso impatto ambientale. Grazie all’EPD, le aziende possono soddisfare i requisiti specifici e gli standard ambientali richiesti per la partecipazione alle gare d’appalto pubbliche. Inoltre, nell’ambito dei CAM, è possibile ottenere dei vantaggi significativi se si rispettano alcuni criteri definiti “premianti”.

Quali sono i vantaggi dell’EPD per il settore delle costruzioni
Nel settore dell’edilizia e nel mondo delle costruzioni, sempre più attenti alle tematiche ambientali, le ragioni che spingono aziende e imprese a voler misurare e comunicare in modo oggettivo e verificato gli impatti ambientali dei loro prodotti/ servizi sono molteplici. Tra le principali, ricordiamo:
- Il crescente sviluppo dei sistemi di rating della sostenibilità che, attraverso un punteggio, misurano la capacità delle aziende di operare secondo i criteri ESG (Environmental, Social and Governance). Gli aspetti ambientali, sociali e di governance delle aziende fungono da guida per gli investitori nella selezione di investimenti sostenibili, superando gli ambiti legati ai soli risultati economici, influenzano le relazioni con una vasta gamma di stakeholder, inclusi i clienti, i fornitori, le comunità locali e i governi e orientano le decisioni dei consumatori finali o degli utenti.
- I protocolli volontari di sostenibilità delle opere che premiano le scelte progettuali effettuate in quest’ambito valutando le varie fasi di progettazione e costruzione e assegnando maggiori punteggi se vengono utilizzati prodotti in possesso della Dichiarazione Ambientale di Prodotto (LEED – Leadership in Energy and Environmental Design, GBC Italia, ITACA, DGNB e BREEAM – Building Research Establishment Environmental Assessment Method, per gli edifici e Protocollo Envision per le infrastrutture).
- In ambito normativo, l’obbligatorietà dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) per l’edilizia prevista dal Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. n.36/2023) con l’articolo 57, comma 2. Introdotti nel 2015 e aggiornati con il Decreto n.256/2022, in sostituzione del precedente DM del 2017, i CAM si applicano a tutti gli interventi nel settore dell’edilizia pubblica, definendone gli adempimenti ambientali con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale del settore. Negli appalti, la conformità ai CAM può essere dimostrata tramite certificazioni specifiche come EPD, Ecolabel UE, Plastica Seconda Vita (PSV) e ReMade in Italy®, ecc. quali modalità di verifica riguardo determinati aspetti di sostenibilità, primo fra tutti il contenuto nei prodotti di materiali riciclati, recuperati e sottoprodotti, per il calcestruzzo e i prodotti prefabbricati in calcestruzzo, oppure le emissioni negli ambienti confinati (inquinamento indoor) per le pitture e vernici, gli adesivi e sigillanti, ecc., in funzione delle categorie incluse nel decreto. Le EPD includono dati sul recupero e riciclabilità dei componenti edilizi, essenziali per redigere il piano di disassemblaggio e demolizione selettiva. Questi dati, richiesti dalle norme ISO 20887 o UNI/PdR 75, permettono di verificare che almeno il 70% del peso dei componenti edilizi possa essere recuperato o riciclato, così come riportato all’interno del medesimo decreto.
- Le politiche di approvvigionamento di alcuni importanti operatori che premiano e valorizzano i prodotti in possesso di EPD.
L’obbligo dei CAM, volto a ridurre gli impatti ambientali e promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, unitamente a una consapevolezza sempre più diffusa in merito all’EPD quale strumento particolarmente efficace e riconosciuto a livello internazionale per l’attestazione e la comunicazione della sostenibilità di prodotti e servizi nel corso del loro ciclo di vita, ha contribuito alla notevole crescita delle etichette ambientali di tipo III (EPD) registrata negli ultimi anni.
Basate su analisi scientifiche, le EPD sono sempre più utilizzate dai produttori per rispettare requisiti di sostenibilità e valorizzare prodotti e materiali a basso impatto, attraverso una comunicazione chiara e trasparente, differenziandosi sul mercato e scongiurando il rischio del green-washing. Grazie alla loro trasparenza, nel settore delle costruzioni le EPD rappresentano un prezioso strumento per ingegneri, architetti, sviluppatori e clienti in quanto consentono di confrontare prodotti equivalenti dal punto di vista funzionale e di condividere informazioni ambientali lungo l’intera catena del valore sulla base delle quali effettuare scelte più consapevoli in ottica di sostenibilità. Per i produttori, le EPD rappresentano un efficace mezzo di comunicazione per valorizzare i propri prodotti.
Quali standard seguono le Dichiarazioni EPD?
I principali standard di riferimento per le EPD sono:
1) ISO 14025 – “Etichette e dichiarazioni ambientali – Dichiarazioni ambientali di tipo III”, che definisce i principi e le procedure per lo sviluppo delle EPD. Stabilisce che le dichiarazioni devono basarsi su una valutazione del ciclo di vita (LCA – Life Cycle Assessment) e devono essere verificate da terze parti indipendenti.
2) EN 15804 – “Sostenibilità delle opere di costruzione – Dichiarazioni ambientali di prodotto per prodotti da costruzione”: è uno Standard europeo specifico per i prodotti da costruzione che definisce le regole di categoria di prodotto (PCR) per il settore edilizio e assicura che le EPD siano coerenti e confrontabili all’interno dello stesso settore.
3) ISO 21930 – “Sostenibilità edilizia – Dichiarazioni ambientali di prodotto per prodotti e servizi dell’ambiente costruito”, uno Standard internazionale che integra le linee guida della EN 15804 e si applica a un’ampia gamma di prodotti e materiali per il settore edilizio.
4) EN 15804 – “Sostenibilità delle costruzioni – Dichiarazioni ambientali di prodotto – Regole quadro di sviluppo per categoria di prodotto”, introdotta nel 2021, è uno Standard europeo che fornisce un quadro dettagliato per la dichiarazione ambientale dei prodotti da costruzione nell’Unione Europea. La EN 15804 riprende alcune definizioni dalla ISO 21930; il punto di connessione principale tra le due norme è la UNI EN ISO 14025.
5) Product Category Rules (PCR), regole specifiche per ogni categoria di prodotto, che stabiliscono criteri dettagliati per condurre la LCA e strutturare le informazioni nelle EPD. Sono sviluppate nell’ambito dei programmi EPD riconosciuti, come International EPD System o EPD Italy.
Questi standard assicurano che le EPD siano affidabili, trasparenti e comparabili, facilitando scelte più consapevoli in termini di sostenibilità lungo la filiera produttiva e consentendo il confronto tra prodotti con la stessa funzionalità.

Tipologie di EPD
In base a quanto previsto dalle General Programme Instructions for the International EPD® System (GPI), che rappresentano le regole operative del Programma, e dalla norma europea EN 15804, le tipologie di EPD che un’Organizzazione può sviluppare in funzione delle proprie esigenze e, successivamente, sottoporre a verifica di parte terza si suddividono in:
- EPD di Prodotto (specifiche o medie), che contiene la descrizione degli impatti ambientali relativi al ciclo di vita di uno o più prodotti simili della stessa Organizzazione.
- EPD di Settore, che contiene la dichiarazione degli impatti ambientali associati ad un “prodotto medio”, realizzato da diverse organizzazioni/siti nell’ambito di un preciso settore e/o di un’area geografica definita.
- EPD di Processo, la quale prevede che l’Organizzazione definisca un sistema interno per la stesura, la verifica e l’aggiornamento di EPD per i propri prodotti. In questo caso, oggetto della verifica e convalida sarà il processo definito dall’Organizzazione per la gestione di tali attività. L’organizzazione che ha ottenuto una certificazione EPD di processo può redigere autonomamente le proprie dichiarazioni ambientali di prodotto.
Dato che l’EPD può avere diversi livelli di dettaglio e contenere indicazioni di diversa natura, deve essere sempre chiaro lo scopo per il quale viene richiesto e i relativi confini di sistema.
In riferimento al settore delle costruzioni e, più nel dettaglio, a prodotti quali cemento e calcestruzzo, le EPD specifiche di prodotto, solitamente realizzate con confini di sistema “cradle to gate” (“dalla culla al cancello”), sono caratterizzate da un maggior livello di dettaglio, per prodotti conformi a specifiche richieste tecniche e/o contrattuali. Le EPD medie di prodotto “cradle to grave” (“dalla culla alla tomba”), sono invece rappresentative della produzione tipo di un prodotto più standard. Con l’EPD media si restituisce una “fotografia” del prodotto valida per la sua produzione su tutto il territorio nazionale. Nelle EPD medie di prodotto, gli impatti possono essere valutati anche relativamente alla fase D (reuse, recovery, recycling potential) con cui si indica il potenziale di riciclabilità del materiale. In questo caso, i confini del sistema si definiscono “cradle to grave” with module D (A+B+C+D) proprio perché l’EPD del prodotto copre la fase di produzione, costruzione e/o installazione nell’edificio, l’uso e la manutenzione, la sostituzione, la demolizione, il processo di riuso, recupero o riciclo e lo smaltimento.
L’EPD di settore serve per monitorare lo stato dell’arte del settore e aggiornare il dato relativo alla produzione, rappresentando un riferimento per il mercato. Varia da nazione a nazione, in funzione del diverso livello tecnologico, della sensibilità dei produttori e dell’età degli impianti, ma occorre coprire una percentuale minima di mercato. Ad esempio, in Italia, non c’è quella relativa alla produzione del calcestruzzo, anche per effetto di un mercato eccessivamente frammentato, mentre esiste da diversi anni quella del cemento.
Cosa deve fare un’Organizzazione per ottenere un EPD
Per ottenere l’EPD di un prodotto o servizio in conformità al Programma International EPD System, in primo luogo, un’Organizzazione deve selezionare le Product Category Rules (PCR) specifiche per la categoria di prodotto di interesse, disponibili sul sito del Programma (www.environdec.com). Quindi deve realizzare lo studio LCA relativo al prodotto, in conformità alle norme ISO 14040 e ISO 14044. In questa fase, vengono raccolte tutte le informazioni necessarie sul ciclo vita del prodotto, seguendo le indicazioni della PCR adeguata, e viene valutato l’impatto ambientale in ogni fase, dall’estrazione delle materie prime alla produzione, all’uso e al riciclo, in funzione del tipo di analisi condotta. Una volta completato lo studio LCA e calcolati i potenziali impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto, si compila l’EPD di riferimento, in accordo ai requisiti delle PCR applicate e delle General Programme Instructions for the International EPD® System (GPI).
La sola elaborazione dell’EPD non attesta la sostenibilità del prodotto. La dichiarazione infatti, ha valore comunicativo ed è indice di trasparenza e affidabilità solo quando, verificata da un ente di certificazione indipendente, viene registrata e pubblicata sul portale di riferimento (EPD International (environdec.com)). Occorre, quindi, incaricare un ente di certificazione accreditato della verifica di convalida della dichiarazione. L’ente verifica la correttezza dei dati e dei calcoli eseguiti per la quantificazione degli impatti e assicura che la documentazione prodotta (lo studio LCA e l’EPD) sia stata realizzata coerentemente a quanto previsto dagli standard ISO 14040/44, dalle General Programme Instruction (GPI) delle EPD e dalle PCR di riferimento per il prodotto oggetto dello studio. A conclusione della verifica di convalida, l’EPD, in quanto strumento pubblico di informazione ambientale, viene registrata e pubblicata sul sito del Program Operator e può essere utilizzata dall’Organizzazione per operazioni di comunicazione.
Indicatori di impatto ambientale più comuni nelle EPD
Le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD) utilizzano indicatori standard con unità di misura convenzionali per valutare l’impatto ambientale di un prodotto lungo il suo ciclo di vita. Definiti da normative come la EN 15804 per il settore delle costruzioni e la ISO 14025, questi parametri forniscono informazioni essenziali per confrontare prodotti e orientare scelte più sostenibili. Di seguito un elenco degli indicatori ambientali più significativi:
• Potenziale di riscaldamento globale (GWP, kg CO₂eq): misura le emissioni di gas serra (CO₂, CH₄, N₂O) responsabili del cambiamento climatico.
• GWP-tot (Global Warming Potential total): indica la capacità di un gas di riscaldare l’atmosfera rispetto a 1 kg di CO₂ in un periodo di 100 anni. È particolarmente rilevante per il cemento e il calcestruzzo, permettendo di distinguere un calcestruzzo standard da uno con profilo ambientale migliorato.
• Potenziale di riduzione dello strato di ozono (ODP): valuta l’impatto delle sostanze nocive (es. CFC) sulla protezione naturale dai raggi UV.
Riguardo all’impatto sugli ecosistemi, vengono considerati:
• Potenziale di acidificazione (AP): misura il contributo delle emissioni di zolfo e azoto alla formazione di piogge acide.
• Potenziale di eutrofizzazione (EP): analizza il rilascio di nutrienti (azoto, fosforo) che possono causare la crescita eccessiva di alghe nei corsi d’acqua, danneggiando gli ecosistemi.
• Potenziale di formazione di ozono troposferico (POCP): valuta l’emissione di composti organici volatili (VOC) che contribuiscono alla formazione di smog fotochimico, particolarmente critico nelle aree urbane.
In merito al consumo di risorse naturali, vengono monitorati:
• Potenziale di esaurimento delle risorse abiotiche (ADP): misura sia il consumo di combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone), sia quello di minerali e metalli rari, fondamentali per molte industrie.
• Consumo di energia primaria, l’uso dell’acqua e l’impiego di materiali secondari e riciclati, elementi chiave per valutare l’efficienza e la circolarità dei processi produttivi.
• Indicatori relativi ai secondary materials, importanti per il clinker, il cemento e quindi per il calcestruzzo, in quanto tengono conto di tutti i materiali secondari utilizzati dall’inizio della filiera.
• Produzione di rifiuti e emissioni in aria, acqua e suolo: quantifica la quantità di rifiuti generati (pericolosi e non pericolosi) e il rilascio di sostanze potenzialmente dannose per l’ambiente.
• Recupero, riutilizzo e riciclo dei materiali a fine vita: include indicatori specifici per settori che prevedono demolizione e dismissione, come quello delle infrastrutture e dell’industria manifatturiera. L’obiettivo è minimizzare i rifiuti e valorizzare le risorse esistenti.
• Carbonatazione del calcestruzzo: considera l’assorbimento di CO₂ legato al processo di carbonatazione nelle fasi d’uso, riciclo e demolizione (B+C), influenzato dalla superficie esposta del calcestruzzo.
Grazie a questi indicatori, le EPD offrono un quadro chiaro e affidabile dell’impatto ambientale di un prodotto, aiutando aziende, progettisti e consumatori a fare scelte più sostenibili e consapevoli.

Nuovo Regolamento EPD 2024: le novità delle GPI 5.0
Lo scorso 19 giugno 2024, l’EPD International System ha annunciato la pubblicazione del nuovo regolamento EPD, composto dalle General Programme Instructions (GPI) 5.0.0, che introducono importanti cambiamenti per rendere le procedure di EPD e LCA ancora più chiare e trasparenti. La precedente versione 4.0 delle GPI risaliva al 2021. Dopo un periodo di transizione di 90 giorni, la nuova versione GPI 5.0.0 è entrata ufficialmente in vigore il 17 settembre 2024.
Tra le novità più rilevanti della nuova versione, come riportato dal sito del RINA [1], si segnalano:
- La validità della Certificazione EPD Process, che passa da cinque ad un anno, semplificando così il processo di rinnovo.
- L’eliminazione delle pre-certificazioni delle EPD su PCR in fase di sviluppo.
- L’eliminazione di alcuni requisiti di verifica sul rispetto della legislazione ambientale.
- L’obbligo di pubblicazione dell’EPD in inglese (è possibile pubblicare EPD in altre lingue, ma come “self-declaration”).
- La definizione di nuove tipologie di EPD e/o la modifica di quelle esistenti, tra le quali:
– EPD di un singolo prodotto di un produttore/fornitore di servizi;
– EPD di più prodotti di un’azienda;
– EPD di settore (prodotto medio di più aziende appartenenti a un settore ben definito e/o a una determinata area geografica);
– EPD pubblicata dal trader;
– Single footprint EPD (EPD Singola tematica – focus su una singola categoria d’impatto ambientale, es. climate declarations);
– Machine-readable EPD (alcune informazioni sono riportate in EPD in un formato machine);
– EPD di prodotto recentemente immesso sul mercato;
– EPD di prodotto non ancora sul mercato (a condizione che il proprietario dell’EPD abbia un’EPD pubblicata e valida per un prodotto simile).
Complessivamente, le nuove linee guida sono orientate verso una maggiore rigorosità e chiarezza, con indicazioni più dettagliate sulla forma e sul formato delle dichiarazioni per favorire la confrontabilità tra certificazioni diverse. Viene anche incentivata l’introduzione di strumenti che favoriscono la transizione digitale con l’introduzione di formati leggibili dalle macchine, come ILCD+EPD+ o ISO 22057, mantenendo comunque la possibilità di avere un formato PDF per un accesso più tradizionale. Una novità importante rispetto alla versione 4.0 riguarda l’ampliamento delle procedure di verifica delle EPD e il monitoraggio continuo delle competenze dei verificatori indipendenti, che saranno soggetti a maggiori controlli. Per quanto riguarda, invece, gli aggiornamenti introdotti sullo sviluppo delle EPD e sulle valutazioni del ciclo di vita (LCA), verranno recepiti man mano che le nuove PCR verranno aggiornate o pubblicate.
[1] https://www.rina.org/it/media/news/2024/12/19/environmental-product-declaration