Architettura

Il linguaggio del cemento: spazi condivisi per un dialogo globale

L’architettura non si limita a rispondere a esigenze strutturali e funzionali ma si configura come un’espressione culturale complessa in grado di intrecciare storia, innovazione e senso di appartenenza. La sperimentazione architettonica si fonde con la ricerca di un’identità culturale dando vita a luoghi che raccontano un’eredità storica da preservare e legami da conservare.

Dai musei più all’avanguardia, dai parchi pubblici ai monumenti che custodiscono la memoria collettiva, il cemento assume il ruolo di tessuto connettivo tra le persone e gli spazi dedicati alla conoscenza.

Alcuni degli scatti fotografici finalisti del Concorso #scaladigrigi 2024 offrono uno sguardo potente sulle connessioni culturali derivanti dall’architettura, restituendo con immagini in bianco e nero e a colori la capacità degli spazi di raccontarsi attraverso l’interazione con le persone.

In queste rappresentazioni, il cemento rivela la sua potenza espressiva e la sua versatilità, trasformandosi in elemento architettonico capace di definire luoghi emblematici di incontro e condivisione. Attraverso contrasti netti e cromie vivide, questi scatti rivelano l’essenza di edifici e strutture pensate e realizzate per dialogare con l’esterno.

Luoghi iconici come il Ponte di Monteolivete a Valencia, il Parco Biblioteca degli Alberi di Milano, il MAUA di Brescia, il Mucem di Marsiglia, il MAXXI di Roma, il Monumento Ossario ai Caduti Partigiani di Bologna e la Tate Modern Gallery di Londra mostrano come l’architettura, superando la propria dimensione strutturale, possa farsi linguaggio aperto e condiviso.

Sono spazi che parlano, che accolgono, che traducono concretamente i valori di accessibilità, inclusione e cultura, intrecciando un dialogo vivo tra epoche, comunità e visioni del mondo.

Il ponte di Monteolivete a Valencia

Nel cuore futuristico della Ciutat de les Arts i les Ciències, il Ponte di Monteolivete (Puente de Monteolivete) si erge come un’opera scultorea che è anche il racconto poetico che Santiago Calatrava, architetto e visionario ingegnere valenciano, ha utilizzato per plasmare l’identità evolutiva di Valencia. Simbolo della trasformazione e modernizzazione della città negli ultimi decenni, il ponte rappresenta l’incontro tra la tradizione storica valenciana e la sua ambizione contemporanea.

Il cemento, qui, si fa linguaggio dinamico, evocando una tensione verso il futuro senza spezzare il legame con il tessuto urbano e culturale della città. La fotografia cattura questa doppia anima: il Ponte di Monteolivete appare come una connessione fisica ed emotiva, capace di collegare non solo spazi, ma anche modi diversi di pensare e vivere Valencia.

La fotografia ne coglie la sua duplice essenza: una struttura fisica che accompagna i flussi della vita quotidiana e, insieme, un legame emotivo che collega culture, idee e generazioni diverse.

“Il Ponte”, fotografia di Massimo Della Latta presentata al concorso #scaladigrigi 2024 (Ponte di Monteolivete, Città delle Arti e delle Scienze, Valencia).

Poesie scritte sul cemento

Tra le fotografie premiate al concorso, spicca l’immagine di un verso inciso sul calcestruzzo, “Il fiore della poesia mi germoglia in testa…”, che si fa manifesto di una nuova idea di spazio pubblico, in cui il cemento diventa pagina scritta e luogo narrante; il Parco Biblioteca degli Alberi, a Milano, ne è l’esempio più eloquente; qui natura e architettura dialogano attraverso le parole.

Il progetto Percorsi Poetici, nato nel 2018, ha trasformato i camminamenti in calcestruzzo del Parco Biblioteca degli Alberi (BAM) in veri e propri percorsi del pensiero, grazie al coinvolgimento attivo dei cittadini, trasformatisi in poeti urbani per l’occasione, dal più piccolo, di appena cinque anni, al più grande, di settantatré. Le frasi incise nella pavimentazione accompagnano il visitatore in un’esperienza coinvolgente, dove il camminare si unisce alla lettura e ogni superficie invita alla riflessione; si crea così un dialogo silenzioso che intreccia parole, natura e architettura, stimolando simultaneamente sensi e intelletto.

Con oltre cento specie botaniche, foreste circolari e migliaia di piante, il BAM è un luogo che unisce biodiversità e cultura, animato da eventi gratuiti pensati per coinvolgere attivamente la cittadinanza. In questo scenario, il cemento non separa ma connette: diventa una base viva su cui fioriscono poesia, idee e relazioni.

La Biblioteca degli Alberi dimostra come l’architettura del paesaggio possa trasformarsi in un linguaggio universale, capace di avvicinare l’arte alla vita quotidiana. Uno spazio dove cittadini di ogni età trovano voce e dove anche un pensiero può diventare messaggio collettivo di espressione e condivisione.

“Pavimento”, fotografia di Milena Murru presentata al concorso #scaladigrigi 2024 (camminamento del Parco Biblioteca degli Alberi (BAM), Milano).

I racconti urbani del MAUA di Brescia

Anche il MAUA di Brescia dimostra come l’architettura urbana, persino nei suoi elementi più funzionali, possa trasformarsi in uno spazio culturale condiviso, capace di generare bellezza, partecipazione e dialogo.

In un luogo apparentemente marginale, come l’area sotto un cavalcavia della metropolitana, l’arte incontra il territorio e ne riscrive l’identità. I pilastri, un tempo anonimi, ora parlano: raccontano volti, storie, simboli. Nell’immagine, lo sguardo intenso di un uomo si staglia su una colonna monumentale, affiancato da figure colorate che restituiscono un paesaggio visivo potente e umano.

Il progetto nasce con l’obiettivo di valorizzare spazi periferici attraverso interventi artistici partecipati, che uniscono street art, tecnologia e comunità. Il cemento, in questo contesto, si fa supporto narrativo; non è più superficie neutra, ma tela che raccoglie e diffonde una cultura globale. Le opere, visibili anche in realtà aumentata, ampliano il linguaggio dell’architettura urbana, creando connessioni tra il digitale e il reale.

Anche il MAUA rappresenta dunque un nuovo modo di pensare lo spazio pubblico: inclusivo, accessibile, in continuo dialogo con chi lo attraversa. È un museo senza pareti, dove il cemento diventa strumento di relazione e rigenerazione culturale.

“Sopra di me il viaggio…”, fotografia di Stefano Guatta presentata al concorso #scaladigrigi 2024 (MAUA, museo diffuso a cielo aperto, Brescia).

Connessioni mediterranee

Affacciato sul porto di Marsiglia, il MuCEM, Museo delle Civiltà dell’Europa e del Mediterraneo, è una delle architetture contemporanee che meglio esprimono l’idea di cemento come linguaggio culturale. La sua iconica pelle traforata in cemento, che ricorda la trama di un merletto, dialoga con la luce e il mare, mentre nella foto, un giovane corpo in volo suggerisce vitalità, libertà e unione tra spazio fisico ed esperienza umana. L’edificio, disegnato da Rudy Ricciotti, non è un semplice contenitore museale, ma una struttura porosa e attraversabile, che invita all’incontro, alla scoperta e alla relazione.

Il MuCEM si colloca simbolicamente tra Europa e Mediterraneo e proprio per questo diventa luogo di scambio, ascolto e comprensione del contesto. Le sue passerelle sospese, le terrazze pubbliche, il cemento grezzo, che lo contraddistingue e lo nobilita al tempo stesso, tutto contribuisce a costruire un dialogo continuo tra interno ed esterno, tra cultura e paesaggio. Il museo accoglie storie, tradizioni e memorie da entrambe le sponde del mare, diventando una piattaforma culturale inclusiva, viva, aperta.
Qui la materia assume le fattezze di una trama fitta, affascinante e riconoscibile che intreccia ombre e trasparenze, crea percorsi e connessioni; è il tessuto architettonico che tiene insieme le persone e le idee, un materiale che non separa, ma collega.

“Connessioni aeree”, fotografia di Marta Paolucci presentata al concorso #scaladigrigi 2024 (MUCEM, Museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo, Marsiglia).

Cemento, ricerca e dialogo

Zaha Hadid ha immaginato il MAXXI come un intreccio di percorsi, fluido e aperto, dove l’architettura si traduce direttamente in linguaggio interculturale capace di accogliere differenze, generare incontri e stimolare visioni condivise.

In questo spazio speciale, che vibra dell’energia e della forza espressiva della sua creatrice, il cemento assume anche una dimensione sensoriale. La continuità maniacale delle linee curve accompagna il visitatore lungo un percorso museale che stimola l’esplorazione e l’immaginazione. Al MAXXI il cemento è sinonimo di apertura e sperimentazione, ricerca e comunicazione, conoscenza e partecipazione. Al MAXXI, il cemento guida, unisce e racconta.

“Senza rotelle”, fotografia di Gianfranco De Masi presentata al concorso #scaladigrigi 2024 (Cortile del MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma).

Il cemento e la memoria collettiva

Nel silenzio del Parco della Montagnola, a Bologna, il Monumento Ossario ai Caduti Partigiani si erge come un luogo di raccoglimento e testimonianza, dove il cemento si fa materia di memoria e resistenza. Lo scatto fotografico coglie questo silenzio eloquente, restituendo l’immagine di un’architettura austera ed essenziale nella sua accezione celebrativa.

Costruito per custodire le spoglie di oltre duemila partigiani caduti, il monumento non è solo un luogo commemorativo, ma anche uno spazio che invita alla riflessione collettiva, alla connessione tra chi siamo e ciò che siamo stati. Il cemento, grezzo e severo, parla un linguaggio sobrio ma potente, capace di attraversare il tempo e risuonare nelle coscienze.

Qui, l’architettura ha un carattere celebrativo e compie un’azione permanente volta ad unire generazioni lontane in un’unica narrazione globale. Le superfici scolpite, i nomi incisi, la solennità delle forme compongono un dialogo tra passato e presente, tra memoria storica e cittadinanza attiva.

In un tempo in cui si tende a dimenticare, questo luogo continua a ricordare. Lo fa attraverso il cemento, che qui diventa custode silenzioso e voce viva di un’epoca che ancora ci interpella, chiamandoci alla responsabilità e all’ascolto.

“Abissi”, fotografia di Claudio Zanirato presentata al concorso #scaladigrigi 2024 (Performance artistica al Monumento Ossario ai Caduti Partigiani, Bologna).

Rigenerazione culturale

Un tempo centrale elettrica, oggi cuore dell’arte contemporanea, la Tate Modern di Londra è l’esempio perfetto di come un’architettura possa rigenerarsi senza perdere memoria delle sue origini.

Le superfici in cemento, grezze e imponenti, non nascondono il passato industriale dell’edificio, adattandosi al nuovo. La materia di ieri accoglie in maniera fluida una nuova concezione in cui dominano la cultura e la partecipazione.

Alla Tate, il cemento industriale si integra al contesto culturale; i suoi spazi aperti e monumentali accolgono opere e visitatori da ogni parte del mondo; è un luogo dove l’arte si fa accessibile, dialoga e trova la sua giusta dimora. In questo edificio, il cemento, oltre a essere una testimonianza importante del passato, è altresì materia che unisce, accoglie e continua a trasformare il presente in esperienza collettiva.

“Solitudine nella geometria”, fotografia di Claudio Rossi presentata al concorso #scaladigrigi 2024 (Interno del Tate Modern Museum, Londra).


Le architetture fin qui raccontate dimostrano come in ogni luogo osservato, dai musei ai parchi, dai ponti ai monumenti, il cemento assuma l’identità di un tessuto universale che unisce e racconta. Gli spazi pubblici parlano, accolgono, danno forma al ricordo e al cambiamento; nel cemento si stratificano nuove forme di dialogo globale.

Simona Albani
Simona Albani nasce a Roma, dove vive e lavora; ha studiato Lettere Moderne all’Università La Sapienza; è co-fondatrice dell’associazione culturale “Progetti Smarriti” con la quale promuove e cura mostre ed eventi sul territorio nazionale. Ama scrivere di arte, letteratura e viaggi con particolare attenzione alle tematiche ambientali e al recupero del paesaggio e dell’ecosistema. Tra i progetti più importanti, nel 2016, in collaborazione con altre associazioni e il patrocinio del Comune di Castel Gandolfo, ha curato la comunicazione, la logistica e la direzione artistica del progetto di riqualifica e valorizzazione urbanistica del terminal bus in occasione del Castel Gandolfo Street Art Festival.

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