In un contesto economico complesso e sfidante, l’industria italiana del cemento e del calcestruzzo continua a rivestire un ruolo strategico nel garantire la solidità e la sicurezza delle nostre infrastrutture fisiche – dalle strade ai ponti, dagli ospedali alle gallerie, dalle dighe ai porti. Questi materiali, storicamente legati al progresso del nostro tessuto urbano e industriale, sono ancora indispensabili per il futuro delle nostre città e della nostra economia.
In uno scenario in cui l’economia italiana, nel corso del 2023, ha registrato una performance positiva superiore alle più ottimistiche previsioni, trainata in larga misura dal ruolo fondamentale svolto dal settore delle costruzioni – che, secondo le stime dell’Ance, ha contribuito per circa un terzo all’incremento del Pil – i dati relativi alla nostra filiera mostrano un quadro di chiaroscuri che non può essere trascurato. Al piccolo incremento del fatturato complessivo della filiera, si contrappone infatti l’innegabile diminuzione del numero di imprese attive e degli addetti impiegati nel settore, sintomo di una crescente pressione che grava su questa parte vitale del nostro sistema produttivo. Le sfide economiche, le difficoltà legate a un mercato sempre più competitivo e le rigidità normative stanno erodendo il tessuto imprenditoriale, richiedendo una riflessione profonda sulle misure necessarie per salvaguardarne la capacità produttiva.
In tale contesto, appare imprescindibile richiamare l’attenzione su una dinamica preoccupante ben evidenziata nel rapporto ovvero l’aumento esponenziale delle importazioni di cemento e clinker, soprattutto dai Paesi della sponda sud del Mediterraneo, in primis dalla Turchia. Questi Paesi, non sottoposti alle medesime norme ambientali rigide e stringenti a cui devono conformarsi le imprese europee, stanno mettendo in atto una forma di concorrenza sleale che danneggia pesantemente i produttori nazionali ed europei. Non è solo una questione di giustizia commerciale, ma anche di responsabilità ambientale e sociale. Le nostre imprese operano in uno scenario in cui il rispetto degli standard ambientali è un imperativo morale, oltre che legale, che non può essere eluso né ignorato.
A ciò si aggiunge un ulteriore fattore critico: i costi energetici. Le imprese italiane della filiera del cemento e del calcestruzzo, così come numerosi altri settori industriali, devono affrontare costi dell’energia significativamente più alti rispetto ai loro concorrenti in altri Paesi europei. Questo squilibrio rappresenta un onere gravoso, che rischia di compromettere ulteriormente la competitività del settore, già sotto pressione per la suddetta concorrenza internazionale e per le stringenti normative ambientali.
Alla luce di tali considerazioni, è doveroso ribadire con fermezza che il Paese non può permettersi di sacrificare un comparto industriale così strategico. Cemento e calcestruzzo non sono semplici materiali da costruzione: sono il fondamento su cui si poggia lo sviluppo delle infrastrutture che rendono possibile la crescita economica e sociale dell’Italia. La perdita di un tessuto di imprese nazionali del settore significherebbe esporsi a una dipendenza estera pericolosa e insostenibile, con gravi ripercussioni sul futuro del nostro Paese.
L’auspicio, pertanto, è che questo rapporto stimoli una riflessione approfondita e attenta da parte degli attori istituzionali e delle forze economiche, affinché si possano adottare politiche volte a sostenere e tutelare un settore che, più di altri, rappresenta il fondamento su cui costruire il futuro dell’Italia.
Stefano Gallini
Presidente Federbeton
Pubblicato il Rapporto di Filiera 2023 di Federbeton che, con cadenza annuale, raccoglie i principali indicatori economici, ambientali e sociali rappresentativi del comparto del cemento e del calcestruzzo. In questa edizione si segnala il contributo a cura del Direttore del Centro Studi di Confindustria, oltre al consueto contributo di Ance sullo scenario economico del settore delle costruzioni.