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Sostenibilità ambientale degli edifici: l’importanza di un approccio Life Cycle nella valutazione dei materiali da costruzione

La comunità scientifica internazionale è concorde nell’affermare che una accurata valutazione della sostenibilità ambientale degli edifici non possa prescindere dall’approccio Life Cycle, ovvero esteso al ciclo di vita del prodotto edilizio, considerando pertanto gli impatti ambientali legati alle fasi di produzione dei materiali e componenti, all’uso e al fine vita, nonché i benefici attesi dalle attività potenziali di riuso e riciclo dei materiali al termine della vita utile.

La valutazione della sostenibilità degli edifici deve essere condotta sulla base di alcuni requisiti fondamentali:

  • una metodologia LCA (Life Cycle Assessment) standardizzata e univoca (i risultati degli studi finora condotti non sono tra loro confrontabili, poiché spesso non realizzati a parità di metodo)
  • il confronto a parità di equivalente funzionale
  • l’utilizzo di dati di inventario omogenei
  • l’analisi di tutti gli indicatori obbligatori
  • la considerazione della durabilità quale elemento discriminante nella determinazione degli impatti ambientali nel ciclo di vita degli edifici.

Tutti questi requisiti precludono ogni possibilità di generalizzazione, che veda un elemento, un componente o addirittura un materiale, preferito rispetto a un altro, al di fuori di uno scenario di analisi puntuale e contestualizzato.

In questa logica, e sulla base della più recente bibliografia scientifica, il dossier “Principio di neutralità dei materiali da costruzione per la sostenibilità dell’edificio nel ciclo di vita, realizzato dall’arch. Caterina Gargari e dal prof. Fabio Fantozzi, di cui l’articolo che segue sintetizza i principali contenuti, offre una lettura critica dei risultati emersi da numerosi studi internazionali sulla valutazione della sostenibilità ambientale degli edifici e sul contributo dei materiali da costruzione in tale ambito.



Nello studio dell’Università di Pisa vengono presi in esame, con una lettura critica, i risultati dei più recenti studi presenti in letteratura sulla sostenibilità ambientale dei prodotti impiegati in edilizia. L’LCA (Life-Cycle Assessment), ovvero l’Analisi del Ciclo di Vita, è un potente strumento definito da standard internazionali ISO. Con l’LCA si possono identificare e quantificare le conseguenze ambientali delle azioni umane legate alla produzione di un certo bene o servizio. Poiché sempre più spesso si fa affidamento sulla LCA per la definizione di piani e strategie politiche, anche nell’ambito del PNRR, è di fondamentale importanza il ricorso a una metodologia di analisi univoca per la progettazione, misurazione e verifica della sostenibilità dei prodotti edilizi (materiali ed edifici). Numerosi studi internazionali hanno posto l’attenzione sulla necessità di analisi sull’intero ciclo di vita del prodotto edilizio. Dai risultati di una analisi parziale, limitata ad alcune fasi della vita del prodotto, potrebbero derivare politiche inefficaci ai fini di un effettivo incremento della sostenibilità dell’ambiente costruito. Accade spesso, infatti, che si tenda a valutare la sostenibilità dei prodotti pensando esclusivamente alla loro fase di produzione, trascurando l’approccio “cradle to grave” (dalla culla alla tomba), che prescrive che tutti gli impatti siano valutati sulle fasi dell’intero ciclo di vita, dalla produzione, al fine-vita e al riuso e riciclo.

È noto, infatti, come gli impatti associati al fine-vita di un prodotto siano fortemente condizionati dalla definizione dello scenario di analisi e dai condizionamenti tecnologici locali. Gli stessi possono anche invertire il valore degli indicatori calcolato nella fase di produzione portando, se trascurati o non correttamente valutati, a errori sostanziali nella valutazione.

Infine, occorre sottolineare come il concetto di sostenibilità che sottende a tutte le politiche EU, inclusa la Circular Economy e la Renovation Wave, non sia descritto esaustivamente dai soli indicatori relativi al consumo di energia primaria e di emissioni GHG (GreenHouse Gas -emissioni di gas a effetto serra). La descrizione della prestazione di sostenibilità richiede l’analisi di un ampio numero di categorie di impatto. A livello Europeo, gli standard tecnici di riferimento – EN15804 e EN15978 – hanno introdotto, per una completa e accurata valutazione dell’impatto ambientale di materiali ed edifici, 13 indicatori quadro, 6 indicatori addizionali, 10 indicatori descrittori dell’uso di risorse, 5 indicatori descrittori dei sequestri e delle emissioni di carbonio biogenico, 3 informazioni ambientali descrittrici delle categorie di rifiuto, 4 informazioni descrittrici dei flussi in uscita e 2 informazioni sul contenuto di carbonio biogenico (emissioni di anidride carbonica derivante dalla combustione della biomassa).

L’importanza di un sistema normativo equo e imparziale

Negli ultimi anni, la comunità scientifica internazionale ha prodotto diversi studi sulla questione ambientale nel settore dell’edilizia, fornendo al progettista utili criteri progettuali applicabili per ridurne l’impatto ambientale. Lo stesso legislatore, con l’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) per l’Edilizia, ha voluto fornire uno strumento per perseguire l’obiettivo di un’edilizia sempre più sostenibile e orientata all’economia circolare.
Il Piano per la Transizione Ecologica elaborato dal CITE (Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica), recependo alcune tracce strategiche definite dalle politiche EU in ottica di decarbonizzazione ed economia circolare, introduce indicazioni progettuali che invitano all’uso incondizionato di specifiche soluzioni e materiali. Si tratta di alternative ai materiali convenzionali che vengono proposte a priori, in assenza di quelle analisi sull’intero ciclo di vita del prodotto che, invece, si sono dimostrate necessarie per la definizione di una corretta politica nazionale. Ciò, peraltro, è in netto contrasto con quanto sostenuto e promosso dai tavoli normativi europei, attorno ai quali gli esperti della materia hanno sviluppato standard volontari basati su un approccio prestazionale piuttosto che prescrittivo. Una norma prestazionale definisce, infatti, gli obiettivi che l’opera deve raggiungere e gli strumenti per la valutazione del risultato. Definendo una metodologia armonizzata e fissando criteri di qualità e confrontabilità dei dati e dei risultati, viene lasciato al progettista dell’opera il compito di individuare le soluzioni che, a parità di prestazione, meglio si adattano al contesto energetico, tecnologico, economico.

Come uscire allora da questo “impasse”? Ovvero, come superare il rischio di generalizzazioni che inducano chi opera la scelta a vedere un elemento, un componente o addirittura un materiale preferito rispetto a un altro se valutato al di fuori di uno scenario di analisi puntuale e contestualizzato? Come superare il rischio che vengano penalizzati e discriminati dei comparti produttivi?

La comunità scientifica internazionale è concorde nell’affermare che solo il ricorso a una metodologia LCA armonizzata e standardizzata, che analizzi gli impatti ambientali secondo un approccio “cradle to grave” tramite la quantificazione dei flussi di energia e materiali in entrata e in uscita lungo tutto il ciclo di vita, consente al progettista di effettuare una valutazione della compatibilità ambientale del “prodotto” finale, sia esso edificio o infrastruttura. La metodologia deve quindi essere univoca e fissare una serie di requisiti fondamentali: la valutazione dei flussi in ingresso e in uscita durante tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto edilizio (produzione, uso e fine vita), incluse le attività potenziali di riuso e riciclo al termine della vita utile; il confronto a parità di equivalente funzionale; l’utilizzo di dati di inventario omogenei e una valutazione condotta tenendo conto di tutti gli indicatori obbligatori. La complessità della raccolta dei dati di inventario necessari per una completa analisi LCA dell’edificio può essere risolta e facilitata dell’utilizzo di Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD), contenenti i profili ambientali dei materiali e dei componenti edilizi impiegati nel progetto. I profili ambientali dei prodotti e dei sistemi descritti nelle EPD consentono, infatti, di costruire il modello di valutazione dell’edificio oggetto di analisi, sulla base di dati specifici e non generici, tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ogni materiale/soluzione tecnologica adottata, sia in termini prestazionali che in termini ambientali.

Unità dichiarata, unità funzionale e equivalente funzionale: qual è la differenza?

La metodologia LCA applicata a un prodotto edilizio si basa sulla identificazione di una “unità dichiarata”. Questa indica la quantità del prodotto utilizzata come unità di riferimento in una EPD per la raccolta dei flussi (in uscita e in entrata) di materia, energia e rifiuti nel sistema. Definita dalla norma ISO 21930, costituisce il riferimento dello studio di analisi ed è generalmente espressa dall’unità di peso (kg) o di volume (m3) del prodotto. Analogamente, l’unità funzionale (definita in ISO 14044) può costituire il riferimento per la normalizzazione dei flussi di materia per ognuno dei moduli del ciclo di vita analizzati nello studio LCA, ma quantifica anche la caratteristica prestazionale o funzionale del prodotto. L’obiettivo primario dell’unità funzionale in uno studio LCA, in accordo a quanto stabilito dalla ISO 14044, è di costituire il riferimento per la restituzione dei risultati su una base comune che consenta il confronto tra prodotti/sistemi differenti. Nel caso di sistemi multifunzionali integrati, come ad esempio gli organismi edilizi, non ci si può riferire a una unità funzionale semplice e si adotta il concetto di “equivalente funzionale”, perché serve un riferimento più complesso della sommatoria delle unità funzionali e dei loro flussi. L’equivalente funzionale è, dunque, l’insieme dei requisiti tecnici e/o requisiti funzionali quantificati per un edificio o un sistema assemblato (parte di opere), da utilizzare come base per il confronto. La norma EN 15978:2011 (Sostenibilità delle costruzioni – Valutazione della prestazione ambientale degli edifici – Metodo di calcolo) stabilisce che i confronti tra i risultati delle valutazioni di edifici – durante l’itera vita utile dell’edificio, dalla progettazione all’uso alla demolizione – debbano essere effettuati solo sulla base della loro equivalenza funzionale. Il confronto deve essere dunque effettuato tra edifici equivalenti sotto il profilo funzionale. Ciò richiede che i principali requisiti funzionali siano descritti insieme all’uso previsto e ai relativi requisiti tecnici specifici. Questa descrizione consente di determinare l’equivalenza funzionale di diverse opzioni e tipi di edifici e costituisce la base per un confronto trasparente e imparziale.

L’importanza di un approccio LCA dalla culla alla tomba

Dal punto di vista tecnico, è possibile massimizzare la riduzione dell’impronta ambientale degli edifici solo impiegando le risorse in modo efficiente e circolare durante l’intero ciclo di vita dell’edificio. Le opere edili sono sistemi complessi. I processi di fabbricazione dei prodotti da costruzione costituiscono solo una parte del ciclo di vita dell’edificio. Gli obiettivi di progettazione, uso e demolizione sostenibile degli edifici possono essere perseguiti solo quando si tiene conto dell’influenza di tutti i componenti, della loro installazione, delle prestazioni in uso e del trattamento a fine vita, in relazione allo specifico contesto tecnologico ed economico di riferimento. Non è scientificamente sostenibile una asserzione di priorità di un materiale rispetto a un altro al difuori del contesto dell’edificio. Ciò significa che, dal punto di vista progettuale, la soluzione migliore in un’ottica di decarbonizzazione, sostenibilità ambientale ed economia circolare, debba essere trovata caso per caso, applicando l’analisi del ciclo di vita a ipotesi contestualizzate e non a modelli teorici. Vanno considerate le condizioni locali specifiche quali la disponibilità di materie prime, i mix energetici nazionali, le tecnologie di demolizione e smaltimento tecnicamente adottabili. Non si può prescindere, inoltre, dalla collocazione dell’edificio sul territorio nella valutazione della costruzione e delle soluzioni tecnologiche adottate in termini di condizioni di produzione dei materiali e delle caratteristiche dei sistemi di trasporto. È fondamentale tenere conto della regione climatica e delle diverse opportunità che possono offrire mercati locali o regionali in relazione al numero e tipo di industrie produttrici di materie prime attive perché tutti questi aspetti, combinati fra loro, influenzano le prestazioni ambientali di un edificio e determinano la selezione dei materiali, condizionando i risultati di ogni eventuale confronto tra le diverse alternative possibili. Per garantire obiettività e valenza scientifica dei risultati della analisi LCA, la norma EN15804:2019 esclude la possibilità di ogni confronto tra edificio o parti di esso che non sia condotto a parità di metodo LCA e a parità di equivalente funzionale ed esclude quindi ogni possibilità di confronto tra materiali al di fuori del contesto dell’edificio.

Durabilità come sinonimo di sostenibilità

Il calcestruzzo è un materiale per sua natura durabile, con esigenze di manutenzione nettamente inferiori rispetto ad altri materiali e con prestazioni costanti nel tempo. Un edificio durevole – di lunga durata –, realizzato con prodotti e materiali durevoli, necessita di interventi di sostituzione e riparazione meno frequenti. Questo si traduce in una riduzione dei consumi di materie prime ed energie e degli impatti ambientali associati alla produzione delle parti sostituite, al loro trasporto, installazione e smaltimento. Guardando all’intero ciclo di vita di un’opera, ciò significa un minor consumo di risorse naturali e una conseguente riduzione delle emissioni complessive correlate nell’ambiente costruito. L’alto tasso di riciclabilità del calcestruzzo come aggregato costituisce, inoltre, un contributo positivo all’impatto ambientale del sistema costruito che deve essere correttamente misurato e considerato in ogni analisi.

I vantaggi ambientali ed economici legati alla durabilità di un edificio sono indubbi e suggeriscono che durabilità e basso tasso di manutenzione siano criteri da considerare nella progettazione di edifici sostenibili, congiuntamente alla scelta di materiali e tecnologie. Gli studi e le simulazioni LCA offrono un significativo supporto al team di progetto di un edificio, nel confronto tra le diverse alternative e nella scelta delle soluzioni che offrono maggiori vantaggi ambientali, in relazione al contesto specifico di intervento o agli obiettivi puntuali del design. La valutazione però deve essere basata su scenari reali e non ipotetici (con particolare attenzione alla determinazione e quantificazione degli impatti nel fine vita), e su una durata di vita dell’edificio e dei suoi componenti, correttamente stimata in fase progettuale e soprattutto garantita in uso.

Gli impatti ambientali dell’edificio nel ciclo di vita

Fatte salve queste premesse, è ragionevole porsi la domanda su quale sia la costruzione più sostenibile. In effetti, sono numerosi gli studi condotti in ambito europeo in questa direzione. I più completi dimostrano che solo un’analisi LCA che comprenda tutte le fasi di vita dell’edificio e un confronto basato sulla metodologia armonizzata possano fornire risposta alla domanda, ma mai in senso assoluto e sempre in riferimento allo scenario di progettazione specifico.

Limitando la valutazione LCA, ad esempio, alla sola fase di produzione (A1-A3 – cradle to gate) e ad alcuni indicatori selezionati arbitrariamente dalla lista degli indicatori obbligatori come, ad esempio, il GWP (Global Warming Potential), alcune soluzioni costruttive possono presentare impatti ambientali minori rispetto ad altre. Estendendo l’analisi alle fasi di uso (B2-B4) e fine vita (C2-C4) lo scenario cambia considerevolmente [1].
In uno scenario cradle to gate è importante sottolineare, infatti, che gli impatti associati a determinati design costruttivi non possono essere ritenuti inferiori rispetto ad altri sistemi costruttivi. Lo possono essere solo in determinate condizioni e contesti e solo relativamente ad alcuni indicatori specifici [2]. La ricerca più recente documenta, inoltre, la notevole riduzione dell’impronta di carbonio di un edificio raggiunta grazie all’utilizzo di prodotti con alto contenuto di riciclato e/o sottoprodotto, derivanti spesso dal recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D). Lo sforzo del legislatore per la promozione dell’economica circolare e del riuso/riciclo ha profondamente modificato anche il mondo dalla produzione dei materiali da costruzione. Negli ultimi anni, con l’obiettivo di limitare l’estrazione di materie prime e le emissioni legate al trasporto e alla produzione, la ricerca tecnologica si è spinta verso la progettazione di nuovi materiali che fanno largo impiego di rifiuti, sottoprodotti industriali e materiali di scarto (sabbia di fonderia, loppa d’altoforno granulata macinata, ceneri, fumi di silice nel settore specifico della produzione dei cementi ) riducendo significatamene gli impatti ambientali e la quota di energia inglobata nei materiali da costruzioni associati alla fase A1-A3 del ciclo di vita dell’edificio.

L’importanza del fine vita dell’edificio

Lo scenario di gestione e trattamento dei rifiuti C&D può variare in maniera estremamente significativa, non solo a livello nazionale, ma localmente in relazione alle filiere del rifiuto effettivamente attive sui diversi territori. Nella determinazione della prestazione ambientale del ciclo di vita in uno scenario cradle to grave, quindi, emerge chiaramente il peso della fase di fine vita dell’edificio che, come già evidenziato, può anche invertire i risultati di una valutazione condotta solo fino al cancello. Inoltre, per alcuni indicatori di impatto specifici e, in particolare, per l’indicatore GWP, svolgono un ruolo cruciale l’analisi e la valutazione della qualità dei dati secondari e generici impiegati per la costruzione dell’inventario LCI (come peraltro specificatamente richiesto dagli standard CEN specifici per il settore delle costruzioni e obbligatorio per la convalida delle EPD).

Conclusioni

Quindi, ogni decisione in merito alle politiche di sostenibilità in edilizia dovrebbe essere basata sull’analisi del ciclo di vita condotta a scala di edificio, evitando ogni sommaria affermazione slegata dal contesto di intervento che promuova genericamente tecnologie e materiali specifici.

Inoltre, in linea con il principio della imparzialità materica, è compito del legislatore prescrivere obiettivi e traguardi prestazionali per il settore edilizio (materiali, edifici, infrastrutture), sotto il profilo del risparmio energetico e delle risorse, senza esprimere preferenze a priori per un materiale o una tecnologia. Nell’interesse generale, va perseguito un miglioramento complessivo delle prestazioni di materiali ed edifici, in linea con gli obiettivi europei di efficienza energetica e riduzione delle emissioni di CO2 nel ciclo di vita. L’Europa ha fissato tali obiettivi con la direttiva (UE) 2018/844 richiamandoli, più recentemente, nella Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa: inverdire gli edifici, creare posti di lavoro e migliorare la vita”. Solo così facendo, con un sistema normativo equo e imparziale, l’Europa potrà avere quel settore edile forte e competitivo, che abbracci l’innovazione e la sostenibilità per crescere in qualità e ridurre i costi, di cui necessita per realizzare queste ristrutturazioni.

Bibliografia

[1] Davies D., Johnson L., Doepker B., Hedlund M. (2018). Quantifying Environmental Impacts of Structural Material Choices Using Life Cycle Assessment: A Case Study. In: Pomponi F., De Wolf C., Moncaster A. (eds) Embodied Carbon in Buildings. Springer, Cham. https://doi.org/10.1007/978- 3 -319 -7279 6 -7_ 6.

[2] Passer, A., Schulter, D., & Maydl, P. (2007). Life Cycle Assessment of buildings comparing structural steelwork with other construction techniques, Poster session presented at 3rd International Conference on Life Cycle Management, University of Zurich at Irchel.

Lo studio completo dell’Università di Pisa
“Principio di neutralità dei materiali da costruzione per la sostenibilità dell’edificio nel ciclo di vita”

Caterina Gargari
Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell'Architettura, collaboratore a progetto presso il Dipartimento DESTEC dell'Università degli Studi di Pisa, si occupa da oltre 20 anni di progettazione ambientale, sostenibilità e analisi del ciclo di vita di prodotti ed edifici. Membro esperto del CEN TC 350 "Sustainability in Construction Works", coordina il Gruppo di lavoro GL 2 Sostenibilità di UNI.

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