Sostenibilità

CSS in cementeria modello di economia circolare, un’opportunità per l’ambiente e la collettività. L’intervista a Mauro Rotatori


Mauro Rotatori, Presidente del Comitato di vigilanza e controllo del CSS-Combustibile del Ministro della Transizione Ecologica (MiTE).








Dott. Rotatori, in quali termini la trasformazione dei rifiuti non riciclabili in Combustibile Solido Secondario (CSS) e la loro co-combustione in cementeria può considerarsi un esempio virtuoso di economia circolare?

L’espressione economia circolare fa riferimento a modalità di produzione e consumo che si basano su principi di sostenibilità, rendendo i prodotti quanto più possibile duraturi ed efficienti e riducendo drasticamente la produzione di rifiuti. L’utilizzo del CSS comporta un recupero energetico da questo combustibile derivato dai rifiuti, in alternativa al conferimento in discarica, pratica che costituirebbe il massimo dell’inefficienza e l’opzione a maggiore impatto ambientale nel ciclo dei rifiuti. Pertanto, in relazione agli obiettivi che tale tipo di economia si prefigge, sanciti dalla Comunità Europea fin dagli anni Settanta e finalizzati al recupero della materia anche in termini di energia, la co-combustione del CSS in cementeria consentirebbe di chiudere il ciclo della raccolta differenziata in maniera efficiente ed efficace, attraverso impianti già presenti e dislocati su tutto il territorio, per quelle frazioni degli scarti non pericolosi che non è possibile riciclare o riutilizzare. Il recupero di rifiuti nel ciclo produttivo del cemento rappresenta un’opportunità per la collettività sfruttando ancora meglio un processo di combustione, che avverrebbe comunque per finalità produttive, ottenendo un risparmio netto di risorse fossili.

Il DM 22/2013, emanato in relazione alle disposizioni riportate all’art. 6, par. 4 della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti e alla parte IV del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i., definisce i criteri e i requisiti in base ai quali il CSS cessa di essere un rifiuto e diventa un combustibile a tutti gli effetti, il CSS-Combustibile (CSS-C).


Qual è la posizione della giurisprudenza italiana nei confronti della legittimità del DM 22/2013 (“Decreto Clini”) e della sua collocazione nel quadro più generale delle politiche europee per la creazione e promozione della cosiddetta economia circolare?

Il DM 22/2013 è purtroppo ancora pretestuosamente osteggiato in Italia. Tuttavia, la sua legittimità è stata recentemente confermata dalla sentenza del TAR Lazio n. 219/2021 che ha respinto, per la seconda volta, il ricorso presentato otto anni fa dal comitato di cittadini della Val d’Arda (Piacenza) e da Legambiente, contro l’autorizzazione concessa dalla Regione Emilia Romagna a Buzzi Unicem, per l’utilizzo del CSS-Combustibile, collocando il DM n.22/2013 nel quadro più generale delle politiche europee per la creazione e promozione della c.d. “economia circolare”. La sentenza ha sancito inoltre che l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) costituisce titolo oggettivante l’esercizio dell’impianto e che il riesame dell’AIA è stato attivato a seguito della pubblicazione delle “BAT (Best Available Techniques) Conclusion”. Le BAT, tra l’altro, sono riferite anche all’impiego dei combustibili di recupero come il CSS nei forni di produzione del clinker e per esse, quindi, anche il CSS-C è parte del recupero dei rifiuti ai fini di un loro uso razionale nell’ambito dell’efficientamento energetico. Pertanto, questa sentenza segna una svolta nei confronti di chi per anni ha osteggiato questo decreto e ne ha addirittura chiesto l’abrogazione.

Oltre all’autorevole sentenza del TAR Lazio, tre anni fa, si era espressa anche la Commissione Europea in risposta alla Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo[1]. In quel caso, una petizione sottoscritta da alcuni cittadini italiani chiedeva che il Parlamento europeo si pronunciasse urgentemente, impegnando la Commissione Europea ad avviare un procedimento d’infrazione nei confronti dello Stato italiano. Procedimento volto a definire in via definitiva la natura e la classificazione di rifiuto dei CSS e, per tutti gli Stati membri, le corrette procedure per lo smaltimento di questi rifiuti, vietandone al contempo qualunque tipo di incenerimento. In sede di audizione, il 18 giugno 2018, la Commissione UE aveva risposto alla Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo sulla legittimità del decreto sul CSS-C, sostenendo che non sussisteva da parte dell’Italia alcuna violazione della legislazione in materia di tutela dell’ambiente e che, al contrario, l’Italia era stata una delle prime ad attivarsi in questi termini con un decreto. Tra l’altro uno dei primi regolamenti end of waste in Italia, che legittimava il riciclo di materia e, a valle, l’uso come combustibile della parte residuale di determinati rifiuti.

Nella stessa direzione vanno i chiarimenti forniti nel 2018 dal Ministro Costa[2], in risposta alla Commissione europea per le petizioni. Oltre a confermare i presupposti di legittimità del decreto Clini, evidenziano altresì come gli utilizzatori finali di CSS-Combustibile (centrali termoelettriche e cementerie) siano soggetti al medesimo regime di controllo delle emissioni dell’incenerimento e del co-incenerimento.


Qual è la conseguenza della sostituzione di parte del combustibile con CSS, ovvero della co-combustione in termini di impatto ambientale? Quali sono i vantaggi per i territori e le amministrazioni locali?

Se eseguissimo una caratterizzazione chimica del CSS-C, per molti parametri questa risulterebbe migliorativa rispetto ai combustibili convenzionali. Ciò significa che la sostituzione di una parte del combustibile tradizionale con il CSS-C, in termini di impatto ambientale, comporta sicuramente minori emissioni, fermo restando il processo cui va incontro il CSS una volta combusto. Il contenuto di metalli è infatti inferiore rispetto al combustibile tradizionale. L’unico parametro al quale si dovrebbe prestare maggiore attenzione sarebbe il cloro che, con tecniche specifiche, è comunque possibile ridurre a quantità limitate. Relativamente alle emissioni di CO2, che è un gas climalterante (modificatore del clima) senza effetti sulla salute, queste sono principalmente correlate alla materia prima (calcare) destinata alla produzione del clinker e, solo in seconda battuta, all’impiego del combustibile.

La frazione di biomassa contenuta nel CSS-Combustibile o in altri combustibili alternativi consente un bilancio emissivo neutrale e in prospettiva virtuoso, poiché a parità di calore fornito nel processo di produzione l’impiego di CSS nei forni da cemento genera un risparmio netto di emissioni di CO2. In pratica, sostituire parte del combustibile con CSS, ovvero effettuare una co-combustione, significa sottrarre rifiuti alla discarica e all’incenerimento, evitando le corrispondenti emissioni in atmosfera. Le emissioni totali risultano quindi inferiori. Data la numerosità e la dislocazione degli impianti sul territorio italiano, questa buona pratica consentirebbe di sopperire, almeno in parte, alla limitata presenza di inceneritori sul territorio nazionale e ridurre la quota di export dei rifiuti verso altri Paesi, con impatti ambientali ed economici facilmente immaginabili per Amministrazioni locali e cittadini.


Cosa differenzia il CSS rifiuto dal CSS-Combustibile?

Il Decreto Clini stabilisce che il CSS-C può essere ottenuto solo a partire da rifiuti non pericolosi, ad esclusione di quelli elencati nell’Allegato 2 del decreto stesso. Nell’Allegato 1 viene fornita la classificazione del CSS-Combustibile. Essa si basa sui requisiti della norma tecnica armonizzata UNI EN 15359 “Solid recovered fuels” (SRF), la quale individua, a livello europeo, la classificazione del CSS tenendo conto di tre parametri (e relative classi), riconosciuti strategici per importanza ambientale, tecnologica e prestazionale/economica: PCI – Potere Calorifico Inferiore (parametro commerciale), contenuto di Cloro (parametro di processo) e contenuto di mercurio (parametro ambientale). È da classificare CSS-Combustibile esclusivamente il combustibile solido secondario (CSS) con PCI e contenuto di Cloro come definito dalle classi 1, 2, 3 e relative combinazioni, e – per quanto riguarda il mercurio – come definito dalle classi 1 e 2, elencati nella Tabella 1 dell’Allegato 1 del DM. Vengono quindi escluse le classi che hanno un PCI basso, un contenuto di cloro superiore all’1% e una presenza di mercurio superiore al valore limite 0,08 mg/MJ t.q (o 0,16 mg/MJ t.q in relazione a come viene determinata la mediana del composto).

Per la produzione del CSS-C viene pertanto definita una selezione dei rifiuti utilizzabili e vengono posti limiti per alcune caratteristiche. Ciò garantisce una qualità superiore del prodotto rispetto al CSS rifiuto e una migliore efficienza nella combustione. Inoltre, rispetto alla norma UNI EN 15359, il DM 22/2013 ha introdotto una ulteriore specifica sul contenuto dei metalli che potrebbero essere presenti nelle emissioni dell’impianto in cui viene combusto il CSS-C, definendo i corrispondenti valori limite da rispettare. Pertanto, la differenza tra CSS rifiuto e CSS-Combustibile sta nel fatto che il secondo presenta caratteristiche di qualità più elevate, verificate volta per volta per lotti di produzione omogenea, al contrario del primo, e ciò comporta una maggiore omogeneità del prodotto, assicurando maggiori efficienze di combustione.


I trattamenti fisico-meccanici con i quali si ottiene CSS di qualità migliorano il prodotto finale, se sì in che termini?

È lo stesso processo con cui si ottiene il CSS a determinare una migliore qualità del prodotto finale. La tecnologia degli impianti di produzione, assicurando con sistemi ottici la segregazione delle plastiche clorurate e di altri materiali indesiderati, la cui presenza determinerebbe una qualità non idonea del prodotto, indubbiamente contribuisce a una sempre maggiore garanzia sul combustibile ottenuto. In sostanza, migliore è la tecnologia, migliore è il prodotto ottenuto.


L’impiego del CSS-Combustibile (end of waste) è sottoposto a protocolli ancor più severi rispetto al CSS rifiuto?

Mentre il CSS rifiuto è soggetto a una certificazione analitica e a una procedura di omologa (compilazione di una scheda descrittiva del rifiuto), il CSS-C è soggetto a controlli più severi in quanto, per ciascun sottolotto giornaliero da caratterizzare sulla base dei parametri e delle classi 1, 2, 3 e relative combinazioni elencate nella Tabella 1 dell’Allegato 1 del DM 22/2013, il produttore deve emettere una dichiarazione di conformità in base al modello di cui all’Allegato 4 del decreto. Inoltre, la somma dei sottolotti deve fornire un lotto che non può essere superiore a 1500 tonnellate. In conclusione, il CSS-C è soggetto a controlli severi e continui.


Può spiegare in che cosa differiscono cementerie e inceneritori?

La cementeria ha per vocazione la produzione di clinker e cemento, mentre l’inceneritore la distruzione per via termica dei rifiuti, sfruttandone il calore generato per produrre energia elettrica o termica. Si tratta di due processi differenti, sia per tecnologia che per finalità, assolutamente non paragonabili, e restano due attività totalmente diverse anche nel caso di utilizzo da parte delle cementerie di rifiuti o di combustibili non convenzionali in co-combustione in sostituzione di parte dei combustibili fossili.

Il processo della cementeria consente di avere tempi di permanenza notevolmente superiori rispetto a quelli degli inceneritori ed è regolato da specifiche condizioni termiche e da peculiari parametri di esercizio, quali appunto temperature molto elevate (> 1450 °C), elevato tenore di ossigeno, lunghi tempi (> 20 sec) di contatto tra materiale e gas esausti. La termodistruzione del materiale organico nel forno di produzione del cemento avviene perciò a temperature decisamente più elevate rispetto a quelle di un impianto di incenerimento che opera a temperature inferiori (~900 °C), da cui risultano residui come ceneri e scorie da smaltire, assenti invece nel caso della co-combustione in cementeria. Per quanto riguarda invece i cosiddetti microinquinanti (metalli, diossine, furani, ecc.), sia per una cementeria, sia per un termovalorizzatore, le concentrazioni limite delle emissioni sono identiche (cfr. Allegato 2 al titolo III-BIS, parte quarta del D.lgs. 152/2006 – “Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di coincenerimento”), mentre vista la sostanziale differenza dei processi che avvengono nei due diversi impianti e la diversa tipologia e quantitativi di materiali trattati, la normativa prevede che le cementerie e i termovalorizzatori possano avere alcuni limiti diversi in termini di ossidi di azoto (NOx), carbonio organico totale (COT), Biossido di zolfo (SO2).


Con l’impiego dei combustibili alternativi le cementerie sono assoggettate a limiti e condizioni più stringenti rispetto al caso di utilizzo dei soli combustibili fossili tradizionali?

Nel caso d’impiego di combustibili alternativi nei cementifici, i limiti di legge non cambiano o sono più restrittivi rispetto all’impiego dei soli combustibili fossili, mentre per quanto riguarda le emissioni effettive non si riscontrano variazioni significative, o piuttosto queste sono a favore dell’impiego di combustibili di recupero. Con riferimento al CSS-Combustibile, chi produce tale combustibile è autorizzato in base a quanto previsto dal Codice dell’Ambiente e dallo stesso DM 22/2013 e deve dotarsi di sistemi di gestione della produzione certificati da Organismi terzi. Inoltre chi utilizza il CSS-Combustibile (cementerie e centrali termoelettriche) è in possesso di AIA ed è soggetto alle disposizioni del Codice dell’Ambiente relative alla gestione e al monitoraggio delle emissioni per le attività di co-incenerimento. Tutte le informazioni sul CSS-Combustibile prodotto e utilizzato sono in possesso delle Autorità competenti e, per la massima trasparenza, sono accessibili al pubblico.


Qual è il ruolo del Comitato di vigilanza e controllo del CSS-C del Ministero dell’Ambiente? Che tipo di attività svolge?

Con il DM 13 dicembre 2013, coerentemente con l’art. 15, comma 1 del DM 14 febbraio 2013, n. 22, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) ha disposto la costituzione del Comitato di vigilanza e controllo. Ai sensi dell’art. 15, comma 2, del decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, il Comitato ha il compito di:

  1. Garantire il monitoraggio della produzione e dell’utilizzo del CSS-Combustibile ai fini di una maggiore tutela ambientale nonché la verifica dell’applicazione di criteri di efficienza, efficacia ed economicità.
  2. Promuovere la cooperazione e il coordinamento tra tutti i soggetti interessati alla produzione e all’utilizzo del CSS-Combustibile;
  3. Esaminare il livello qualitativo e quantitativo della produzione e dell’utilizzo del CSS-Combustibile.
  4. Intraprendere le iniziative idonee a portare a conoscenza del pubblico informazioni utili o opportune in relazione alla produzione e all’utilizzo del CSS-Combustibile, anche sulla base dei dati trasmessi dai produttori e dagli utilizzatori di cui all’articolo 14.
  5. Assicurare il monitoraggio sull’attuazione della presente disciplina, garantire l’esame e la valutazione delle problematiche collegate, favorire l’adozione di iniziative finalizzate a garantire applicazione uniforme e coordinata del presente regolamento e sottoporre eventuali proposte integrative o correttive della normativa.

Dalla costituzione del Comitato, abbiamo censito già due volte, tramite Regioni e Province, gli atti autorizzativi di chi produce e di chi utilizza il CSS, riscontrando una certa difficoltà a reperire i dati relativi alle comunicazioni previste dall’art. 14 del D.M. n. 22 del 14 febbraio 2013[3].

Abbiamo riscontrato anche la diffidenza, soprattutto da parte delle Autorità locali, per quanto riguarda il rilascio di autorizzazioni alla produzione e utilizzo del CSS-C, oltre a una confusione terminologica tra CSS rifiuto e CSS combustibile (non rifiuto). Nonostante le informazioni messe a disposizione, nella maggior parte dei casi le discussioni sono originate da posizioni preconcette che tendono a screditare la possibilità di impiegare il CSS-Combustibile, come se da tale pratica potessero derivare maggiori rischi per la salute e l’ambiente in generale.

I due censimenti eseguiti hanno anche posto in evidenza lo stato di attuazione del DM 22/2013, per il quale il Comitato ha suggerito alcune modifiche utili a renderlo più efficace. Tra i compiti del Comitato c’è anche quello di intraprendere le iniziative idonee a portare a conoscenza del pubblico informazioni utili in relazione alla produzione e all’utilizzo del CSS-Combustibile. A tale scopo è stato promosso un sito web all’interno del sito istituzionale www.minambiente.it, attivo dal 13 ottobre 2016, raggiungibile all’indirizzo https://www.minambiente.it/comitato-css .


[1] nota prot. CM\1157991EN – PE 625.244v01-00 del 29/6/2018
[2] lettera prot. n. 0016214/RIN
[3] comunicazioni annuali prodotte dal produttore e dall’utilizzatore di CSS-C


Foto di copertina di Arturo Castaneyra on Unsplash

Patrizia Ricci
Ingegnere civile con un Dottorato in Meccanica delle Strutture, ha perfezionato i propri studi presso il dipartimento di Scienza delle Costruzioni dell’Università di Bologna, dove ha svolto attività di ricerca nel campo della Meccanica della Frattura, e presso l’Imperial College di Londra. Da diversi anni collabora con le principali riviste tecniche di ingegneria e architettura, efficienza energetica e comfort abitativo, meccanica e automazione, industria 4.0 (settore del Building e dell’Industry) come autrice di articoli e approfondimenti tecnici per i settori di competenza.

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