La silice cristallina (SiO2) è un componente essenziale di materiali che hanno una grande varietà di impieghi nel settore industriale e sono indispensabili in molti prodotti e oggetti di utilizzo quotidiano. Quando nel 2006 fu sottoscritto l’“Accordo sulla protezione della salute dei lavoratori attraverso la corretta manipolazione ed utilizzo della silice cristallina e dei prodotti che la contengono”, l’Italia aveva già maturato una vasta esperienza in materia attraverso un’antica tradizione di attenzione e sensibilità nei confronti delle problematiche associate all’inalazione delle polveri fini contenenti una percentuale di silice cristallina, che può provocare danni ai polmoni e causare la silicosi. Di fatto, in Italia, la silicosi fu riconosciuta come malattia professionale nel 1943, con l’istituzione di una opportuna copertura assicurativa obbligatoria, ritenendo già allora che questa specifica tecnopatia, proprio per le gravi conseguenze invalidanti, dovesse essere protetta da una tutela speciale. Le aziende del settore industriale, con particolare riferimento alle aziende cementiere, avevano quindi intrapreso già da diversi anni campagne di monitoraggio per la valutazione del rischio espositivo, avendo dato luogo a interventi di mitigazione, misure di miglioramento e azioni di protezione al fine del suo contenimento.
Che cos’è la silice
La silice è il nome dato a un gruppo di minerali composti da silicio e ossigeno, i due elementi più abbondanti sulla crosta terrestre. Malgrado la sua formula chimica semplice, SiO2, la silice esiste in molte forme differenti. La silice si trova comunemente allo stato cristallino, ma talvolta viene localizzata in uno stato amorfo (non cristallino). La silice cristallina è dura, chimicamente inerte e presenta un elevato punto di fusione, qualità apprezzate in diversi utilizzi industriali. Le forme cristalline sono le uniche dotate di patogenicità per l’uomo. Ai fini della valutazione del rischio associato all’esposizione a silice, si fa quindi unicamente riferimento alle tre differenti forme di silice cristallina, cioè i minerali di quarzo, cristobalite e tridimite, e non si considerano la silice amorfa, fusa o gli altri minerali silicati. Il quarzo, la cristobalite e la tridimite sono spesso definiti tipi di silice cristallina “libera” perché la silice cristallina non è legata chimicamente. Il quarzo è di gran lunga la forma di silice cristallina più comune. È il secondo minerale più comune sulla superficie della terra e si trova in quasi tutti i tipi di roccia: eruttiva, metamorfica e sedimentaria. Data la sua abbondanza, il quarzo è presente in quasi tutte le operazioni minerarie. Indipendentemente dalle attività industriali, la silice cristallina respirabile è presente nell’ambiente.
La silice, gli ossidi di calcio, di alluminio e di ferro sono i componenti fondamentali del clinker Portland, che è il componente idraulicamente attivo di ogni tipologia di cementi/leganti idraulici.
Scopo dell’Accordo, basato sui principi della cooperazione tra le parti attraverso lo scambio di informazioni, il monitoraggio e la diffusione di Buone Pratiche, è:
- la protezione della salute dei dipendenti e degli altri individui professionalmente esposti sul luogo di lavoro alla silice cristallina respirabile dei materiali/prodotti/materie prime che contengono silice cristallina;
- la minimizzazione dell’esposizione alla silice cristallina respirabile sul luogo di lavoro applicando le Buone Pratiche contenute nell’Accordo per prevenire, eliminare oppure ridurre i rischi di salute professionali relativi alla silice cristallina respirabile;
- il miglioramento dell’informazione sui potenziali effetti sulla salute della silice cristallina respirabile e sulle Buone Pratiche.
Che cos’è il NePSi
L’Art. 139 del Trattato CE prevede che il dialogo fra le parti sociali possa condurre, se queste lo desiderano, a relazioni contrattuali, ivi compresi accordi.
Il NePSi, acronimo di “European Network for Silica”, è l’organizzazione formata dalle Associazioni imprenditoriali rappresentative di 14 settori produttivi (5 estrattivi e 9 utilizzatori) e da due Organizzazioni sindacali, che in data 25 aprile 2006 hanno sottoscritto l’“Accordo sulla protezione della salute dei lavoratori attraverso la corretta manipolazione ed utilizzo della silice cristallina e dei prodotti che la contengono”. Le aziende cementiere italiane aderenti a Federbeton, tenute all’applicazione dell’Accordo in quanto sottoscritto anche dall’associazione europea di categoria (Cembureau), contribuiscono alla raccolta dati biennale realizzata da NePSi per la verifica dello stato di applicazione delle misure previste dall’accordo di dialogo sociale.
Il recepimento della Direttiva 2017/2398/UE
La sottoscrizione e l’applicazione dell’accordo di dialogo sociale sulla silice libera cristallina non ha tuttavia impedito che i “lavori comportanti l’esposizione a silice libera cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione” venissero ricompresi fra gli agenti cancerogeni, come stabilito dalla Direttiva 2017/2398/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. 44/2020, che ha modificato la precedente Direttiva sugli agenti cancerogeni (2004/37/CE) ed ha definito per tale agente di rischio un valore limite di esposizione occupazionale di 0,1 mg/m3.
Il recepimento della Direttiva 2017/2398/UE ha comportato per le aziende del settore la necessità di valutare se, per i lavoratori potenzialmente esposti a tale agente, sussista un effettivo rischio di esposizione professionale ad agenti cancerogeni e quindi la necessità dell’applicazione delle specifiche misure previste dal Capo II del Titolo IX del D.Lgs. 81/2008 tra cui in particolare, l’iscrizione nel Registro degli esposti ad agenti cancerogeni.
La valutazione del rischio
L’applicazione dell’Accordo di dialogo sociale sulla silice libera cristallina prevede che il Datore di Lavoro implementi i processi di valutazione, per stimare se vi sia un significativo rischio per l’esposizione alla silice cristallina respirabile, di controllo, per decidere che tipo di misure di controllo e prevenzione devono essere messe in atto per trattare i rischi identificati, cioè eliminarli o ridurli a un livello accettabile, di monitoraggio, per valutare l’efficacia delle misure di controllo in vigore e monitorare la salute dei lavoratori, e di formazione, per informare e formare il personale sui rischi a cui potrebbe essere esposto, tenendo conto anche degli “aspetti emotivi” che questi comportano.
Come già precisato, le buone prassi individuate, se non nella loro interezza, almeno in buona parte, erano già state delineate in Italia dalle industrie del settore. Quindi l’introduzione dell’Accordo di dialogo sociale è servita, da un lato, a riprendere e rafforzare l’attività di sensibilizzazione, informazione e formazione a tutti i livelli aziendali sulla problematica silice, e quindi a ridare importanza e attenzione alla problematica, dall’altro a definire un protocollo condiviso per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori potenzialmente esposti, che contemplasse nuovamente l’inserimento degli esami radiologici, in quanto previsti dall’Accordo, in aggiunta a quelli già in essere (spirometria). Inoltre, l’Accordo ha definito delle metodiche di campionamento per uniformare l’approccio alle indagini ambientali periodicamente svolte per la determinazione del livello di esposizione del personale. Quindi, nell’ambito delle pratiche già in atto, ha sicuramente fornito ulteriori strumenti per uniformare la sorveglianza sanitaria e le metodologie di monitoraggio, portando anche all’individuazione di alcuni ruoli aziendali cui delegare il compito di verificare che le buone prassi vengano effettivamente implementate per il mantenimento del fattore di rischio ai più bassi livelli. L’applicazione dell’Accordo comporta una rendicontazione per sito produttivo a cadenza biennale che permette a chi lo gestisce e al NePSi stesso di avere un significativo ritorno su come l’accordo abbia trovato applicazione, sito per sito, e nei diversi ambiti produttivi.
La valutazione dell’esposizione
La silice è un elemento fondamentale nella composizione del clinker, il costituente base del cemento, e la sua presenza sotto forma cristallina è elemento caratterizzante le materie prime naturali e artificiali (ceneri volanti) necessariamente impiegate nel processo produttivo in quanto costituenti indispensabili di alcune tipologie di cementi che l’azienda produce in funzione delle richieste di mercato. Un’azione preventiva di eliminazione della sostanza pericolosa, quindi, è di fatto di impossibile attuazione. Ne consegue la necessità di effettuare la valutazione dell’esposizione individuale alla silice libera cristallina respirabile (SLC) per quanto concerne sia gli addetti agli impianti di produzione cemento che gli addetti agli impianti di produzione di calcestruzzo preconfezionato e di mettere in atto tutta una serie di misure preventive al fine della minimizzazione del rischio.
Considerazioni in merito agli OELVs (Occupational Exposure Limit Values) applicabili
Il recente Rapporto scientifico INAIL 2000-2019 “Banca Dati Esposizione Silice”, ha mostrato ottimi risultati nei settori del cemento, del calcestruzzo preconfezionato e della prefabbricazione: nel settore del cemento l’esposizione personale a silice è per circa il 99% inferiore a 0,05 mg/m3, così come in quello del calcestruzzo, dove nel 98,6% delle misure effettuate la silice cristallina respirabile è risultata essere al di sotto del limite di 0,1 mg/m3 previsto dalla nuova Direttiva sugli agenti cancerogeni e nel 97,7% dei casi le misure sono risultate inferiori anche al limite di 0,05 mg/m3 (limite assicurativo stabilito dal Ministero del Lavoro). Questi dati evidenziano valori molto bassi, soprattutto se paragonati ad altri settori produttivi. Questo è dovuto sia alle caratteristiche del ciclo produttivo di questi materiali, sia al fatto che la problematica silice sia sempre stata gestita con molta attenzione nell’ambito produttivo considerato.
La produzione di cemento
Nel processo di produzione del cemento le materie prime apportatrici di silice sono tipicamente le marne, gli scisti, le argille, le ceneri volanti e le pozzolane e alcune tipologie di calcari; una quota parte della silice può essere presente sotto forma di silice libera cristallina. Questa può inoltre essere presente in alcuni inerti (sabbie, ghiaie, ecc.) utilizzati nel laboratorio prove fisico-meccaniche per il confezionamento dei provini di malta e/o calcestruzzo e nella produzione di calcestruzzo.
L’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) raccomanda un valore limite di soglia (TLV) di 0,025 mg/m3 per la silice cristallina dopo aver applicato un fattore di sicurezza di 2 a un presunto livello di effetti avversi non osservato (NOAEL) per effetti sulla salute (silicosi) di circa 0,05 mg/m3 (da American Conference of Governmental Industrial Hygienists. Silica, Crystalline: α-Quartz and Cristobalite: TLV® Chemical Substances 7th Edition Documentation. Cincinnati, OH: ACGIH, 2010: 1-18). Il Comitato Scientifico dell’UE sui limiti di esposizione professionale (Scientific Committee on Occupational Exposure Limits, SCOEL) che è stato sostituito dal RAC (Comitato per la valutazione dei rischi) nel 2019, in seguito a una classificazione degli agenti cancerogeni in quattro gruppi in base al meccanismo d’azione e alla presenza o assenza di una dose soglia, ha classificato la silice libera cristallina respirabile come un agente cancerogeno debole genotossico (gruppo C), per il quale dovrebbe essere prevista una soglia. Tuttavia, poiché un NOAEL (No Observed Adverse Effect Level cioè dose senza effetto avverso osservabile) non è stato ancora dimostrato in modo convincente, secondo lo SCOEL il limite di esposizione professionale dovrebbe essere inferiore a 0,05 mg/m3 in base a un livello di rischio accettabile, vale a dire la concentrazione alla quale si verifica la silicosi nel 5% dei lavoratori esposti (da Scientific Committee on Occupational Exposure Limits. Recommendation from SCOEL for Silica, Crystalline (respirable dust). Brussels, Belgium: European Commission Employment, Social Affairs & Inclusion, Health and Saftety at work, November 2003 (SCOEL/SUM/94)).
L’Unione Europea, come noto, ha emanato la Direttiva 2017/2398/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la Direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. I lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione sono stati ricompresi tra gli agenti cancerogeni ed è stato stabilito un OEL di 0,1 mg/m3. Tale valore limite di esposizione è stato assunto anche dal D.Lgs. 44/2020 di recepimento della direttiva 2017/2398/UE. Nel documento INAIL “Banca Dati Esposizione Silice – Rapporto 2000-2019”, pubblicato poco prima del recepimento della direttiva, un’esposizione a silice libera cristallina respirabile di 0,012 mg/m3 è considerata come soglia di sicurezza.
Sulla base di quanto sopra esposto e:
- in considerazione della classificazione da parte dello SCOEL della silice libera cristallina respirabile come un agente cancerogeno debole genotossico – gruppo C, per la quale è quindi possibile definire un limite soglia;
- tenuto conto di quanto indicata nel documento INAIL citato relativamente all’individuazione di una soglia di sicurezza per quanto concerne i livelli di esposizione;
è ragionevole considerare la soglia di sicurezza citata dall’INAIL pari a 0,012 mg/m3, cioè circa un decimo dell’OEL definito dalla Direttiva Europea, come la soglia al di sotto della quale si può ritenere che il rischio sia sotto controllo e che pertanto per i lavoratori il cui livello di esposizione rispetti tale limite non sussista un rischio di esposizione professionale ad agenti cancerogeni e non sia necessario applicare le specifiche misure previste dal Capo II del Titolo IX del D.Lgs. 81/2008, inclusa l’iscrizione nel Registro degli esposti ad agenti cancerogeni.
Le Linee Guida Federbeton
Sulla base delle diverse soglie espositive individuate, nelle Linee Guida recentemente pubblicate, Federbeton ha individuato, relativamente all’esposizione a silice libera cristallina respirabile (SLC), alcune Classi di Rischio al fine di fornire alle aziende del settore dei criteri con cui poter valutare se per i lavoratori potenzialmente esposti a silice libera cristallina respirabile sussista o meno un effettivo rischio di esposizione professionale ad agenti cancerogeni. Le Classi di Rischio vanno da “Molto Elevata” (inaccettabile), se l’esposizione non è conforme al valore limite di 0,100 mg/m3, a “Irrilevante”, se l’esposizione risulta conforme alla soglia di sicurezza di 0,012 mg/m3. Per ognuna delle Classi di Rischio individuate, le Linee Guida definiscono anche le misure di prevenzione e protezione da adottare, la tempistica di attuazione e la periodicità delle misure di esposizione.
Attualità del NePSi
In conclusione, viene da chiedersi quale possa essere oggi l’importanza dell’Accordo di dialogo sociale alla luce dell’inserimento tra gli agenti cancerogeni dei “lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione”. Va detto che le buone prassi individuate dall’Accordo, la definizione di metodologie per l’effettuazione dei campionamenti e la valutazione dei livelli espositivi dei lavoratori e l’individuazione di protocolli sanitari da implementare sono strumenti che mantengono la loro validità e utilità anche ora che l’esposizione a silice libera cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione è stata classificata come agente cancerogeno, in quanto indispensabili per la gestione e il monitoraggio di questo tipo di problematiche.