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INDUSTRIA DEL CEMENTO A RISCHIO: +30% DI IMPORTAZIONI DA PAESI EXTRA UE. CRESCE L’IMPEGNO DEL COMPARTO PER LA DECARBONIZZAZIONE

Al MADE expo l’evento di Federbeton Confindustria, “L’eccellenza del Made in Italy per costruzioni sempre più sicure e sostenibili”, insieme ai principali attori della filiera delle costruzioni.

Callieri: «È necessario un approccio di sistema per restare competitivi, tutelare l’industria italiana e lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione entro il 2050».

Il settore delle costruzioni vive un momento di grande fermento ma, nonostante gli ingenti investimenti in infrastrutture previsti per il prossimo futuro, la sfida per la decarbonizzazione e l’aumento delle importazioni rischiano di mettere a dura prova un settore fondamentale per lo sviluppo socio-economico del Paese.

Decarbonizzazione e tutela dell’industria italiana sono temi che riguardano l’intera filiera delle costruzioni, ma per il settore del cemento hanno ancora più rilevanza, per il ruolo stesso che esso riveste nello sviluppo socio-economico del Paese. L’eccellenza del Made in Italy per costruzioni sempre più sicure e sostenibili, evento organizzato da Federbeton Confindustria in occasione di ME-MADE expo 2023, è stato l’occasione per un confronto aperto fra gli operatori e le istituzioni. Ne hanno discusso Roberto Callieri, Presidente Federbeton, Nicola Zampella, Direttore Generale Federbeton, Fabrizio Capaccioli, Presidente GBC Italia, Giovanni Deleo, Vicepresidente Assimpredil, Antonio Gozzi, Presidente Federacciai, Paola Marone, Presidente Federcostruzioni, Fabrizio Pedetta, Federbeton. All’evento è intervenuto anche il Sen. Alessandro Morelli, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

La strategia di decarbonizzazione

Il comparto del cemento ha avviato un percorso di decarbonizzazione con investimenti previsti di 4,2 miliardi di euro a cui si aggiungono extra-costi operativi di circa 1,4 miliardi annui. La strategia, che mira a raggiungere la neutralità carbonica al 2050, prevede l’attivazione di diverse leve. Tra queste, il ricorso ai combustibili secondari, lo sviluppo di tecnologie per la carbon capture, l’impiego di fonti di energie rinnovabili.

A due anni di distanza dal lancio ufficiale della propria strategia di decarbonizzazione, i risultati sono modesti ma incoraggianti. Dal 2019 (anno di riferimento per la definizione delle azioni della strategia), nonostante gli ostacoli burocratici e culturali che ancora permangono, le aziende del settore:

  • hanno aumentato la quota di combustibili alternativi (CSS) dal 20% al 22,5%, riducendo di conseguenza l’impiego di combustibili fossili. C’è da dire però che l’industria ha ancora molte potenzialità da esprimere e che siamo ancora lontani dalla media europea (che si attesta al 53% di sostituzione calorica).
  • hanno aumentato anche l’utilizzo di materiali sostitutivi al clinker, riducendo ulteriormente nel 2022 il rapporto clinker/cemento.

«Nonostante gli ingenti investimenti del comparto, la filiera del cemento sconta ritardi e difficoltà dovute a lentezza burocratiche nonché a una situazione normativa che lascia ancora spazio a differenze di applicazione nei diversi territori – commenta Nicola Zampella, Direttore Generale di Federbeton –. Decarbonizzare un’industria pesante come quella del cemento, è e deve essere un lavoro di squadra che deve interessare le aziende tanto quanto le Istituzioni, affinché il Paese possa dotarsi di un’industria carbon neutral e sempre più all’avanguardia».

Il rischio importazione dai Paesi extra UE

In un momento in cui gli sforzi dell’industria sono destinati a un percorso di decarbonizzazione quanto più rapido possibile, l’industria italiana del cemento rischia una contrazione a causa dell’aumento delle importazioni da Paesi extra-EU che, non condividendo gli stessi obiettivi di decarbonizzazione delle aziende europee e non investendo allo stesso modo in sostenibilità, hanno costi di produzione inferiori.

Il prezzo del cemento prodotto nei Paesi extra-EU che si affacciano sul Mediterraneo può arrivare a essere inferiore rispetto a quello Made in Italy anche del 30%. Questo, per un paese con 8.000 chilometri di coste come l’Italia, si traduce in un aumento esponenziale delle importazioni, cresciute del 30% nei primi 7 mesi del 2023 e più che triplicato negli ultimi 3 anni, con un conseguente aumento delle emissioni di CO2 del 23%.

A ME-MADE expo, diversi attori del mondo delle costruzioni si sono dunque confrontati sulle sfide ambientali sui rischi legati alla perdita di competitività dell’industria italiana del cemento, con effetti negativi sull’intera filiera.

Il settore rappresentato da Federbeton conta 36.000 addetti e circa di 2.700 imprese, con un fatturato 2022 di oltre 13 miliardi di euro. Un eventuale arresto della produzione nazionale della filiera sarebbe dunque un rischio da scongiurare perché causerebbe una immediata contrazione del Pil del 4,1%.

«L’industria del cemento non può essere lasciata sola nel percorso che porta alla decarbonizzazione. Tutti gli attori della filiera delle costruzioni devono essere coinvolti in questo cambiamento, difficile ma necessario per il futuro del Pianeta. Il nuovo Codice degli Appalti contiene un riferimento che intende tutelare i materiali edilizi di provenienza europea, un primo passo utile a scongiurare il rischio di deindustrializzazione, ma che purtroppo non basta: oggi più che mai è necessario rendere tali indicazioni vincolanti per le stazioni appaltanti – ha commentato Roberto Callieri, Presidente Federbeton. I dati parlano chiaro e i prossimi anni saranno decisivi per il comparto del cemento e del calcestruzzo. La nostra filiera rappresenta il primo anello di quella catena che consente all’Italia di dotarsi di costruzioni e infrastrutture sicure, sostenibili e a kilometro zero. Compromettere la tenuta del settore, significa inficiare lo sviluppo socio-economico di un Paese che ha affidato alle grandi opere infrastrutturale la propria ripartenza economica».

Ufficio Stampa
Ufficio Stampa Federbeton

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