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Calcestruzzo, digitalizzazione e innovazione: una sfida di filiera

Realizzare un’opera edile richiede la capacità di confrontarsi ogni volta con ciò che per le altre industrie viene definito prototipo, per questo il modello di industria nelle costruzioni è diverso da tutti gli altri. Il cantiere può essere paragonato a una fabbrica mobile dal cui processo produttivo deriva un prodotto fisso ineguagliabile e irripetibile. Una fabbrica che genera un profondo legame con il territorio e con chi lo gestisce e governa, ha un arco di vita limitato nel tempo con attività costantemente influenzate dall’ambiente circostante, dal tipo di terreno sul quale dovranno essere eseguiti i lavori e da condizioni meteorologiche spesso imprevedibili.

Insomma, per costruire bisogna sapersi muovere in un ambito di sperimentazione ideale, un contesto in continua evoluzione da gestire, dove non è possibile mutuare soluzioni organizzative, economiche e gestionali nate in seno ad altri settori produttivi o comunque testate in altre circostanze. E per farlo funziona bene un modello di impresa figlio di un percorso avviato negli anni ottanta per «rendere piccolo ciò̀ che è grande», un modello agile, flessibile, che fa ricorso largamente a forniture esterne. Ma questa congenita capacità di «resilienza» e adattamento oggi sembra messa a dura prova da nuove funzioni ed esigenze richieste al prodotto edile da una domanda sempre più selettiva in termini di prestazioni dell’opera, sue caratteristiche qualitative e affidabilità.

Grazie anche a nuovi strumenti (alcuni, come il BIM, assunti a torto o ragione come simbolo della rivoluzione digitale in atto) che permettono l’informatizzazione delle fasi del processo edilizio e la rappresentazione dell’opera lungo il suo intero ciclo di vita, la progettazione spinge verso la predisposizione e la realizzazione di opere sempre più complesse, non solo dal punto di vista estetico. Opere con sfidanti requisiti prestazionali un tempo sconosciuti, relativi a sicurezza ed efficienza energetica, robustezza e durata nel tempo, costi di gestione e manutenzione, facilità di sostituzione e riuso a fine ciclo di vita.

Opere che alimentano la ricerca di prodotti innovativi, sostenibili, salubri, capaci di assorbire materiali provenienti dal riciclo, e processi innovativi, in grado di ridurre i costi legati al cantiere, limitare i rischi sulla sicurezza e l’impatto delle attività di costruzione per le comunità interessate. E il calcestruzzo fa da sempre la sua parte, si adatta, si evolve, anzi, sfrutta la rivoluzione digitale come un’opportunità in chiave di promozione del prodotto per far conoscere le molteplici prestazioni a favore del progettista, dell’impresa o dell’utilizzatore finale che la soluzione in calcestruzzo può offrire.

Negli ultimi anni il calcestruzzo, e in particolare quello preconfezionato, è stato interessato da una profonda evoluzione per ciò che riguarda le sue potenzialità di utilizzo. Tutte queste caratteristiche e informazioni vengono messe a disposizione da chi produce innovazione, chi si occupa di tecnologie dei materiali, dei componenti e del loro comportamento fisico, e possono essere trasferite ai professionisti e alle imprese collegando direttamente le proprietà del materiale ai progetti nella fase di messa a punto, o meglio al «gemello digitale dell’opera».

Tutto ciò è indubbiamente affascinante, ma qualche perplessità resta sulla validità del modello di impresa edile finora conosciuto, che fa della gestione della complessità la normale prassi imprenditoriale. Se avere a che fare con la realizzazione di prototipi non rappresenta un ostacolo per ottenere risultati di innovazione e di aumento di produttività, a determinarlo, come hanno osservato e messo in evidenza gli stessi costruttori in più occasioni, è un’elevata presenza di piccole e medie imprese che non riescono a investire a sufficienza in ricerca e sviluppo e quindi ad affrontare quel cambio di passo ormai indispensabile.

Oggi digitalizzazione è sinonimo di un cambiamento radicale del modello di filiera, che abbandoni l’individualismo tra i diversi soggetti per passare a un nuovo rapporto basato sull’integrazione collaborativa. Questa è la vera sfida da vincere tutti insieme.

Massimiliano Pescosolido
Segretario Generale di Atecap. Da venti anni nel mondo della rappresentanza di settore. Economista appassionato, esperto di associazioni di categoria e osservatore attento dell'industria delle costruzioni.

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