Dopo anni di attesa, il 20 ottobre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Regolamento End of Waste dei rifiuti inerti per la produzione di aggregati di recupero (decreto 27 settembre 2022, n. 152, del Ministero della Transizione Ecologica).
Il Regolamento End of Waste definisce i criteri (ai sensi dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – Codice dell’Ambiente) per la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti dalle attività di costruzione e demolizione e degli altri rifiuti inerti di origine minerale – come definiti all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) del Regolamento stesso – al fine di produrre aggregati di recupero.
Il d.m. 152/2022 prevede che siano da utilizzare preferibilmente per la produzione di aggregati recuperati i rifiuti inerti che provengono da manufatti sottoposti a demolizione selettiva. Si tratta di un’indicazione certamente positiva, in particolare per raggiungere la qualità richiesta agli aggregati riciclati per l’utilizzo nel calcestruzzo strutturale, come verrà illustrato nel seguito dell’articolo con maggiore dettaglio.
L’aggregato recuperato è utilizzabile esclusivamente per scopi specifici (Allegato 2 del Regolamento) ovvero per:
- La realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell’ingegneria civile.
- La realizzazione di sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili e industriali.
- La realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto e di piazzali civili e industriali.
- La realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate.
- La realizzazione di strati accessori aventi, a titolo esemplificativo, funzione anticapillare, antigelo, drenante.
- Il confezionamento di calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici (quali, a titolo esemplificativo, misti cementati, miscele betonabili).
I rifiuti ammissibili per la produzione di aggregati di recupero sono solo quelli con codice EER elencato nella tabella 1 dell’Allegato 1 del Regolamento. Tale Allegato riporta anche le verifiche sui rifiuti in ingresso, per le quali il produttore dell’aggregato recuperato deve dotarsi di un sistema per il controllo di accettazione dei rifiuti, volto a verificare la corrispondenza alle caratteristiche previste dal Regolamento End of Waste.
L’Allegato 1 reca inoltre i parametri da ricercare su ogni lotto di aggregati riciclati prodotti (un quantitativo non superiore ai 3.000 metri cubi), anche attraverso test di cessione, e i limiti tabellari al di fuori dei quali gli aggregati riciclati non possono essere considerati End of Waste.
Nello specifico, la tabella 2 dell’Allegato 1 al d.m. 152/2022 riporta una serie di parametri, che richiamano quelli previsti per le concentrazioni soglia di contaminazione dei siti destinati ad uso verde pubblico, privato e residenziale (colonna A della Tabella 1 dell’Allegato 5 al Titolo V, della Parte IV, del decreto legislativo 152/2006). Questi limiti sono pertanto stati stabiliti dal MiTE come se gli aggregati di recupero debbano essere impiegati esclusivamente in siti destinati a quell’utilizzo e non anche in siti a destinazione commerciale o industriale.
La tabella 3 dell’Allegato 1 riporta invece gli analiti e i relativi limiti per il test di cessione da effettuare sugli aggregati riciclati prodotti, a esclusione di quelli destinati al confezionamento di calcestruzzi di cui alla norma UNI EN 12620 con classe di resistenza Rck ≥ 15 MPa.
I produttori di aggregati riciclati hanno segnalato attraverso le proprie associazioni di categoria, fra cui Anpar e Anepla, che i limiti delle tabelle 2 e 3 risulterebbero troppo stringenti per determinati parametri richiesti, per i quali potrebbero essere previsti in alternativa limiti differenti in funzione della destinazione d’uso degli aggregati riciclati. Questa possibilità è contemplata ad esempio dal d.P.R. 120/2017 per la classificazione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto, dove si fa riferimento sia ai limiti della colonna A della tabella del Codice dell’Ambiente che fissa le concentrazioni limite nei suoli, che a quelli, maggiori, della colonna B di tale tabella, relativa ai suoli a destinazione industriale/commerciale.
Va evidenziato tuttavia che, a differenza dei Regolamenti End of Waste emanati in precedenza, il Ministero ha previsto (art. 7 del d.m. 152/2022) un periodo di monitoraggio di 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, per acquisire i dati relativi all’attuazione delle disposizioni, al termine del quale valuterà l’opportunità di una revisione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto individuati, proprio per tenere conto, ove necessario, delle evidenze emerse in fase applicativa. Nei 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento i produttori di aggregati riciclati dovranno presentare all’autorità competente l’aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006 o l’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione concessa ai sensi del Capo IV del Titolo I della Parte IV ovvero del Titolo III-bis della Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Il MiTE ha previsto però la possibilità per i produttori di aggregati riciclati, in questo transitorio di sei mesi di adeguamento delle autorizzazioni, di utilizzare i materiali già prodotti o di continuare a produrre gli aggregati di riciclo con le precedenti condizioni autorizzative.
Il tema dell’utilizzo degli aggregati riciclati è di grande interesse per le aziende rappresentate in Federbeton, da sempre attente al recupero di materia. Cemento e calcestruzzo possono infatti fornire un importante contributo alla circolarità del comparto delle costruzioni attraverso l’utilizzo di materiali riciclati, sottoprodotti ed End of Waste nella filiera produttiva.
Il settore del cemento sostituisce già da molti anni le proprie materie prime naturali provenienti dalle attività estrattive (cave e miniere) come calcare, marna, argilla e scisti, con rifiuti non pericolosi provenienti da altri settori industriali, quali ad esempio alcune ceneri volanti, gessi chimici e scorie d’alto forno, scaglie di laminazione. A questi si aggiungono altri materiali che non sono classificati come rifiuti, ma che rappresentano sottoprodotti di altre attività. In totale nel 2021 il settore del cemento ha recuperato oltre 1,7 milioni di tonnellate di materiali alternativi (rifiuti non pericolosi, sottoprodotti ed End of Waste), con un tasso di sostituzione delle materie prime naturali che si attesta in Italia al 7%.
Le aziende produttrici di calcestruzzo possono produrre miscele e manufatti con parziale sostituzione degli aggregati naturali, che rappresentano uno dei principali costituenti del calcestruzzo, con aggregati riciclati dai rifiuti da costruzione e demolizione o materie prime seconde di origine industriale (aggregati industriali) come, ad esempio, le scorie di acciaieria. I CAM (Criteri Ambientali Minimi) per l’edilizia prevedono per il calcestruzzo che in almeno il 5% in peso della miscela sia contenuto materiale riciclato, recuperato o sottoprodotti. Questi requisiti possono essere raggiunti grazie soprattutto alla parziale sostituzione degli aggregati naturali con quelli di recupero. Si tratta di previsioni normative apprezzabili, che vanno nella direzione della promozione dell’economia circolare. Tuttavia, è necessario incrementare la disponibilità sul mercato di aggregati riciclati idonei dal punto di vista normativo (d.m. 17 gennaio 2018 Aggiornamento delle Norme Tecniche per le Costruzioni, UNI EN 12620) alla produzione di calcestruzzo strutturale ovvero, in particolare, composti per oltre il 90% di solo calcestruzzo.
I rifiuti delle costruzioni e demolizioni rappresentano la quota principale dei rifiuti speciali prodotti. Nel 2020, secondo i dati Ispra, l’Italia ne ha prodotto quasi 65 milioni di tonnellate, con un tasso di riciclo di circa il 78%. In base a quanto evidenziato sempre da Ispra, tuttavia, le forme di recupero maggiore di tali rifiuti sono come aggregati per rilevati e sottofondi stradali. Per ottenere aggregati riciclati con caratteristiche destinabili ad utilizzi di maggior valore, come nel caso della produzione di calcestruzzo per la realizzazione delle strutture edilizie, è fondamentale adottare, ove tecnicamente ed economicamente possibile, una demolizione selettiva, al fine di separare in maniera efficace le frazioni minerali come il calcestruzzo, dagli altri componenti dei rifiuti delle costruzioni e demolizioni.
In aggiunta all’utilizzo per la produzione di calcestruzzo, attualmente Federbeton sta promuovendo la valorizzazione degli aggregati riciclati anche in parziale sostituzione delle materie prime da cui si produce, attraverso il processo termico di cottura nel forno della cementeria, il clinker, costituente prevalente del cemento. Gli inerti di riciclo e residuali dal riciclo selettivo sono infatti parzialmente decarbonatati e di conseguenza il loro utilizzo riduce le emissioni di CO2 legate al processo di decarbonatazione delle materie prime che avviene all’interno del forno della cementeria, pari a circa il 60% delle emissioni dirette di CO2 dell’impianto di produzione.