Sostenibilità

Aggregati da riciclo: potenzialità da sviluppare a favore dell’economia circolare

Francesca Ceruti, Paola Altamura e Laura Cutaia, Laboratorio Valorizzazione delle risorse nei sistemi produttivi e territoriali – ENEA

L’insostenibilità del modello economico lineare che ha caratterizzato lo sviluppo industriale globale degli ultimi 150 anni, basato sullo sfruttamento intensivo di risorse ed energie non rinnovabili e noto anche come “take-make-dispose”, rende sempre più necessaria la transizione verso un sistema economico circolare, ovvero un sistema di produzione e consumo che sleghi la crescita economica dall’uso intensivo di risorse e dai conseguenti impatti ambientali, con l’obiettivo di minimizzare e idealmente annullare l’utilizzo di risorse non rinnovabili, agendo lungo tutta la catena del valore. Con la Comunicazione “L’anello mancante: un piano d’azione europeo per l’economia circolare”, nel 2015 la Commissione Europea ha individuato alcuni ambiti d’azione – dall’estrazione delle materie prime alla progettazione intelligente dei prodotti, dalla produzione alla distribuzione, dal consumo al riuso e riciclo – e identificato come prioritari alcuni settori di intervento, tra i quali i materiali da costruzione e demolizione (C&D). Il recente aggiornamento del “Circular Economy Action Plan” (marzo 2020) conferma l’importanza che l’UE attribuisce alla value chain delle costruzioni, prevedendo nel breve termine il lancio di una specifica “Strategy for a Sustainable Built Environment”, che promuoverà la circolarità anche attraverso una revisione degli obiettivi di recupero dei materiali fissati nella legislazione comunitaria per i rifiuti da C&D e le loro frazioni di materiale specifico.

La “filiera circolare” C&D 

Nel Piano di Azione della Commissione Europea viene delineata una strategia per la realizzazione di un ambiente costruito sostenibile basata sull’aumento dell’efficienza dei materiali e la riduzione degli impatti climatici da sviluppare coerentemente con le tematiche di mitigazione delle cause e degli effetti del cambiamento climatico, efficienza energetica e delle risorse, gestione dei rifiuti da C&D, accessibilità, digitalizzazione e competenze, al fine di promuovere i principi di circolarità lungo l’intero ciclo di vita degli edifici. In merito al settore delle costruzioni, il Piano d’Azione europeo per l’economia circolare riconosce la necessità di migliorare la gestione dell’intera catena del valore e della fase del fine vita, impegnandosi a promuovere la diffusione di buone pratiche di riciclaggio e recupero e lo sviluppo di protocolli volontari basati su norme comuni per migliorare l’individuazione, la separazione alla fonte, la raccolta dei rifiuti, nonché la logistica, la trasformazione e la gestione qualitativa dell’intera filiera. La catena del valore origina dal concetto di design “circolare”, con cui si intende la progettazione di un intervento di costruzione o ristrutturazione che includa l’uso di materiali riciclati che non perdano il loro valore o il loro potenziale di riuso al termine della vita utile dell’edificio, ovvero di un edificio progettato per la decostruzione. A cui fa seguito la fase dell’approvvigionamento delle forniture, cioè materiali, prodotti e componenti che derivano da altrettante filiere di produzione che a loro volta possono accogliere prodotti riutilizzati o riciclati, anche derivanti dalle attività di costruzione e demolizione, ed eventualmente fare ricorso al recupero energetico. Le due fasi successive, la costruzione e la fase d’uso e le relative manutenzioni/riparazioni, nel cosiddetto “ciclo chiuso”, svolgono un duplice ruolo: da un lato possono essere una fonte di produzione di rifiuti e, dall’altro, d’impiego di materiali riciclati. La demolizione in una “filiera C&D a ciclo chiuso” può essere di due tipologie: prevedere la separazione dei soli materiali ad elevato valore e/o facilmente smontabili oppure la demolizione selettiva, con la quale si tende a recuperare la maggior parte possibile dei materiali, destinandoli al riuso o a un riciclo di qualità grazie alla non contaminazione dei materiali, riducendo al minimo la produzione di rifiuti da smaltire in discarica e i relativi costi. Operativamente quest’ultima consente la separazione in componenti (es. materiali pericolosi come amianto e Policlorobifenili (PCB), impianti, tubazioni, materiali isolanti, legno, plastiche, laterizi, calcestruzzo e materiali speciali indesiderati come il cartongesso e le guaine bituminose, da tenere opportunamente separati per non contaminare gli inerti) da destinare al recupero o alle specifiche procedure di smaltimento (rifiuti pericolosi). Tanto più la demolizione si basa su un inventario completo dei materiali esistenti e su un approccio pianificato, tanto maggiore sarà il potenziale di recupero a seguito dello smistamento.

Il trasporto dei rifiuti da C&D e dei materiali riciclati impatta fortemente nella scelta del destino dei rifiuti (smaltimento/recupero) e nell’impiego dei materiali da costruzione (naturali/riciclati). Per ragioni di economicità, solitamente, rifiuti e materiali riciclati vengono trasportati a distanze non superiori a 20-30 km dal cantiere. Le opportunità di mercato dei materiali riciclati dipendono dalle procedure di accettazione dei rifiuti presso gli impianti di recupero che devono escludere rifiuti o materiali pericolosi.

Dal processo di gestione dell’end of life dei rifiuti inerti da C&D, che rappresentano circa il 90% dei rifiuti da C&D prodotti a livello nazionale, derivano pertanto da una parte diverse tipologie di aggregati, che costituiscono quantitativamente la parte più consistente dei materiali recuperati (in media oltre il 90%), dall’altra le frazioni estranee (metallo, plastica, legno, vetro) che possono essere riutilizzate tal quali, vendute ad altri settori per l’uso o inviate a riciclo (ISPRA 2020).

TRATTAMENTO DEI RIFIUTI DA C&D 

Per quanto concerne in particolare il recupero dei rifiuti inerti da C&D, più i rifiuti sono suddivisi in frazioni omogenee, nel momento stesso della produzione, più il loro riciclo è semplificato e più il recupero è conveniente. Un rifiuto selezionato consente, da un lato, di risparmiare sui costi di smaltimento o trattamento e, dall’altro, di garantire al materiale riciclato un adeguato livello di qualità per sostituire i materiali naturali. Purtroppo i capitolati relativi ai lavori di demolizione raramente prevedono l’adozione di procedure selettive, che permettono il recupero e la migliore valorizzazione dei rifiuti edili. In tal senso, sarebbe utile estendere l’obbligo di adozione della demolizione selettiva, presente nei Criteri Ambientali Minimi del Green Public Procurement per l’Edilizia (D.M. 11/10/2017) anche al di fuori del settore delle opere pubbliche. Gli impianti di recupero di rifiuti idonei alla produzione di aggregati riciclati possono essere fissi, se ubicati nel territorio e ricevono i rifiuti prodotti entro una distanza solitamente contenuta e mobili, tipicamente installati nell’ambito di attività di riconversione e riqualificazione di aree di dimensioni tali da giustificare i costi e le tempistiche previste da questa modalità di recupero dei rifiuti.

Gli aggregati, differenziati per granulometria e prestazioni, in base alla natura dei materiali presenti nel rifiuto da cui sono stati recuperati possono essere impiegati in applicazioni legate o sciolte in edilizia, quali intonaci, malte, massetti, calcestruzzi strutturali e non, sottofondi, strati drenanti, per svariati impieghi nell’ambito della costruzione e manutenzione di infrastrutture oppure per colmatazione (riempimento o backflling). Il mercato dei materiali recuperati dal ciclo di trattamento è legato poi alla natura merceologica del materiale e al valore della materia prima che si va a sostituire.

I numeri del settore C&D

Come emerge dalla descrizione della catena del valore, il settore C&D ha un impatto notevole sull’uso delle risorse. Recenti stime indicano che la filiera C&D richieda il 40% di energia globale, produca il 35% di rifiuti, emetta il 30% delle emissioni di gas serra e utilizzi il 12% dei consumi totali di acqua, impiegando circa il 12% della forza lavoro (UNEP, 2017). La Direttiva UE 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti, richiede che almeno il 70% dei rifiuti derivanti da attività di C&D debba essere riciclato e/o recuperato entro il 2020, al fine di ridurre l’impatto ambientale del settore edile e, come richiamato nel Circular Economy Action Plan recentemente aggiornato, si prevede che entro il 31 dicembre 2024 vengano introdotti nuovi obiettivi in materia di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti da C&D e le relative frazioni di materiale specifico. In Italia, la produzione dei rifiuti da C&D è stimata in circa 54,5 milioni di tonnellate, pari al 6% della produzione europea (Eurostat, 2019). Nonostante i benefici potenziali ottenibili con la chiusura del ciclo nella filiera C&D, il livello di riciclaggio e recupero dei materiali dai rifiuti C&D varia notevolmente (tra meno del 10% e oltre il 90%) in tutta l’UE.

Secondo il primo Rapporto di Sostenibilità di Filiera di Federbeton, le imprese di produzione di calcestruzzo preconfezionato partecipanti hanno utilizzato, nel 2019, 14.298.625 tonnellate di aggregati naturali, 35.861 tonnellate di aggregati riciclati e 9.928 tonnellate di aggregati industriali. Quindi il tasso di sostituzione degli aggregati naturali con quelli di recupero è dello 0,3%, mentre gli aggregati industriali sono il 27,7% di quelli da riciclo. Il tasso di utilizzo degli aggregati di recupero appare molto basso. Tuttavia, anche se riferito a un campione ristretto, il valore non dovrebbe essere troppo lontano da quello nazionale, considerando le aziende partecipanti e le criticità segnalate dalle imprese del settore a livello associativo e federativo. Inoltre, da una stima Federbeton emerge che, considerando un tasso di sostituzione medio del 30% del materiale naturale con quello riciclato e una produzione di circa 28 milioni di metri cubi di calcestruzzo (dato 2019), si potrebbe ottenere un risparmio di aggregati naturali di oltre 15 milioni di tonnellate. Vale a dire un mancato conferimento in discarica di materiali di scarto del settore delle costruzioni e demolizioni pari a circa il 10% del quantitativo totale di rifiuti speciali che ogni anno sono prodotti in Italia. Le potenzialità di utilizzo degli aggregati di recupero offerte dal settore del calcestruzzo sarebbero molto significative.

Le priorità per la chiusura del ciclo del settore C&D

Seppur il recupero presenti vantaggi diffusi per enti, pubbliche amministrazioni, imprese e collettività, ad oggi sono presenti diverse criticità che frenano lo sviluppo di meccanismi virtuosi e il rispetto dei principi di economia circolare di tipo finanziario, strutturale, operativo e tecnologico. Tra le priorità più stringenti del settore, ICESP, la Piattaforma Italiana degli stakeholder sull’Economia Circolare, ha individuato la creazione di un chiaro, aggiornato e stabile quadro legislativo, l’estensione dell’applicazione del GPP (Green Public Procurement) e dei CAM (Criteri Ambientali Minimi) e l’aumento della competitività degli aggregati riciclati rispetto a quelli naturali. Negli ultimi anni infatti, alcuni vincoli normativi, la frammentazione della normativa tecnica e ambientale vigente che, nel complesso, necessita di aggiornamento, affiancata da una interpretazione non univoca delle norme stesse, ha di fatto rallentato il processo di transizione verso una economia circolare efficace e sostenibile nel settore. In attesa dell’emanazione del decreto EoW – End of Waste – dei rifiuti inerti da C&D, che potrà fungere da leva nell’aumentare le percentuali di sostituzione degli aggregati naturali con quelli di recupero, dal 3 novembre 2019, con la modifica dell’art. 184-ter del d.lgs. 152/06 è stato nuovamente consentito alle Regioni e Province delegate di procedere alle autorizzazioni non regolate a livello nazionale, cosa che ha determinato, a livello locale, il permanere di incertezze autorizzative e divergenze di interpretazioni normative.

LE ATTIVITÀ ICESP NEL SETTORE C&D

La Piattaforma Italiana degli attori di economia circolare (ICESP)www.icesp.it – nasce a maggio 2018 per essere l’interfaccia nazionale e rafforzare il ruolo dell’Italia quale paese-chiave per la promozione, implementazione e diffusione di strategie circolari ad alto valore aggiunto e, al contempo, aumentare il peso e la rappresentatività del nostro Paese nella comunità internazionale. Ad ottobre 2020, ICESP annovera 94 organizzazioni firmatarie della carta e 176 organizzazioni partecipanti ai 7 diversi Gruppi di Lavoro (GdL), prevedendo di ampliare ulteriormente la partecipazione a seguito dell’assemblea e conferenza annuale previste, rispettivamente, il 4 e l’11 dicembre 2020. All’interno del GdL4 “Sistemi di progettazione, produzione, distribuzione e consumo sostenibili e circolari” il cui focus è la chiusura dei cicli nella catena del valore con un approccio integrato per filiera/settore, il comparto C&D è stato individuato come rilevante.
Al gruppo di lavoro specifico sulla filiera C&D ad oggi hanno aderito 13 diverse organizzazioni appartenenti al mondo imprenditoriale, della ricerca e formazione, alle associazioni di categoria e la società civile per oltre 30 persone partecipanti al tavolo. Le attività mirano a individuare e promuovere buone pratiche e casi di successo relativi alla chiusura dei cicli nella filiera anche a livello intersettoriale e individuare criticità normative e tecniche del settore. In questo senso, il primo output del gruppo è un rapporto di filiera contenente le priorità strategiche per favorire la chiusura del ciclo nel settore C&D e la mappatura di buone pratiche nazionali.

Con riferimento al GPP e ai CAM, sono evidenti alcune criticità applicative: la complessità delle procedure, la scarsa conoscenza dei CAM, le difficoltà per le stazioni appaltanti nel verificare il rispetto dei requisiti ambientali dei prodotti, un tessuto produttivo spesso immaturo in termini di innovazione tecnologica e ambientale nonché la mancanza di un monitoraggio efficace. Determinante l’aggiornamento dei prezzari regionali, con l’introduzione di materiali conformi ai CAM, e in particolare degli aggregati riciclati nei loro diversi impieghi, a cui tuttavia hanno provveduto soltanto poche regioni. I CAM per l’edilizia prevedono infatti un contenuto minimo del 5% in peso sul secco di riciclati nel calcestruzzo, come somma di tutti i suoi costituenti. Al momento, inoltre, nonostante l’elaborazione sia stata avviata da tempo, non sono ancora stati emanati i CAM per le opere stradali, sebbene le caratteristiche degli aggregati prodotti in tutta Italia rendano questi ultimi particolarmente idonei a un impiego nelle infrastrutture e, pertanto, l’introduzione obbligatoria dei CAM rappresenterebbe una leva importante per il riutilizzo degli aggregati riciclati. L’aumento della competitività degli aggregati riciclati rispetto a quelli naturali, beneficerebbe dell’individuazione di politiche e strategie adeguate a sostegno dello sviluppo del mercato degli aggregati riciclati, e per promuovere il mercato degli aggregati riciclati “di qualità” dovrebbero aggiungersi inoltre strumenti di incentivazione economica e fiscale e meccanismi premiali da parte delle committenze e l’aumento della tassazione per il conferimento in discarica, ancora troppo conveniente rispetto al riciclo dei materiali. Infine, per superare i pregiudizi culturali, i progettisti dovrebbero essere adeguatamente formati e sensibilizzati alla prescrizione e all’uso dei materiali riciclati.

CAM E GPP

Il 25/01/2016 veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il DM 24 dicembre 2015 inerente l’impiego dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) per l’affidamento di servizi di progettazione ed esecuzione di lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici e opere pubbliche. Il provvedimento era attuazione del Piano d’azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (PAN GPP), recepimento in Italia del più ampio Green Public Procurement (GPP) europeo, quale strumento di politica ambientale per lo sviluppo di un mercato di beni e servizi a ridotto impatto attraverso la leva degli acquisti della Pubblica Amministrazione. Si trattava di una norma a carattere volontario proposta quale “buona prassi” nell’ambito del più generale processo di approvvigionamento di una pubblica amministrazione. Con l’entrata in vigore della Legge 28 dicembre 2015 n. 221 cosiddetto “Collegato ambientale” tali principi sono stati trasposti nell’articolo 68 dell’ex D.Lgs. 163/06 “Codice dei contratti” per gli appalti relativi a beni e servizi della PA. Successivamente con l’emanazione del D.Lgs. 50/2016 “Nuovo Codice degli Appalti” prima e del D.Lgs. 56/2017 “Correttivo al Codice Appalti” poi, tali principi sono stati resi obbligatori per tutti gli appalti condotti da una PA nell’ambito delle proprie procedure di gara e/o di progetto, tanto per lavori, quanto per servizi e forniture. L’Italia è stato il primo paese europeo a elevare ad obbligo le previsioni della green economy nelle opere pubbliche.

ENEA
ENEA è l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile. Francesca Ceruti, economista, Phd in Economia Aziendale, Management ed Economia del Territorio, è ricercatore presso il laboratorio di “Valorizzazione delle risorse nei sistemi produttivi e territoriali” (RISE) dell'ENEA. Attualmente co-coordina il gruppo di lavoro sui rifiuti da C&D di ICESP – Italian Circular Economy Platform - ed è membro del comitato scientifico del Laboratorio Materie Prime presso il Ministero Sviluppo Economico. Paola Altamura, architetto, PhD in Progettazione Ambientale, è Assegnista di Ricerca presso il Laboratorio RISE dell’ENEA e docente a contratto presso “Sapienza” Università di Roma. Esperta in materia di resource efficiency e GPP nel settore delle costruzioni, è membro del Comitato Scientifico di INERTIA - RemTech EXPO e co-coordinatore del sottogruppo Costruzioni e Demolizioni del GdL 4 della Piattaforma Italiana degli attori per l’Economia Circolare (ICESP). Laura Cutaia, ricercatrice presso ENEA e responsabile del Laboratorio di “Valorizzazione delle risorse nei sistemi produttivi e territoriali” (RISE). È ingegnere ambientale, dottore di ricerca in ingegneria dei materiali, materie prime e metallurgia. È stata membro del gruppo di coordinamento della “European Circular Economy Stakeholder Platform” (ECESP). Presidente della Commissione “Economia circolare” di UNI e della rete italiana di simbiosi industriale “Symbiosis Users Network” (SUN), è membro del Comitato Scientifico di INERTIA - RemTech EXPO.

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