Architettura

Natura e architettura integrate nell’ampliamento del Museo Americano di Storia Naturale: il Gilder Center

L’istituzione del Museo Americano di Storia Naturale di New York risale al 1869, con sede provvisoria nell’Arsenale sul lato est di Central Park; cinque anni dopo viene posta in opera la prima pietra del nucleo iniziale dell’attuale edificio, in un lotto di terreno compreso tra la 77^ e l’81^ strada ad ovest del parco.

Nell’arco di 150 anni la struttura ha visto progressivamente arricchire le proprie collezioni, continuando a espandersi fino a creare una sorta di Campus costituito da quattro blocchi principali circondati da un ampio parco, con una intersezione di percorsi che ha reso necessario un ripensamento dei collegamenti tra i singoli edifici costruiti in periodi diversi.

Il 4 maggio 2023 ha aperto le porte al pubblico il Richard Gilder Center for Science, Education and Innovation; il progetto dello Studio Gang – lo studio internazionale di architettura e progettazione urbana diretto da Jeanne Gang – ha affrontato e risolto la prima sfida: creare un asse est-ovest di attraversamento del complesso, con più di trenta connessioni tra i dieci edifici del campus, inserendosi con una propria identità in un contesto architettonico fortemente caratterizzato da stili molto diversi tra loro.

Gilder Center © Iwan Baan

In netto contrasto con la facciata neoromanica completata sulla 77^ strada nel 1899, la soluzione adottata da Jeanne Gang appare chiara fin dai primi bozzetti di studio: l’esterno dell’edificio è concepito come un’estensione dell’interno, che a sua volta è plasmato utilizzando la plasticità del cemento per ricreare spazi ispirati alle formazioni geologiche dei canyons dell’America sud-occidentale, modellate dal vento e dall’acqua, ma anche alle cavità create dall’acqua calda all’interno di blocchi di ghiaccio utilizzati come modelli.

La facciata mantiene lo stesso materiale di rivestimento dell’ingresso originario al Museo su Central Park West: il granito rosa di Milford, mentre la disposizione diagonale dei pannelli in pietra rievoca il fenomeno delle stratificazioni geologiche, così come il dinamismo delle superfici concavo-convesse dialoga visivamente con i nuovi sentieri curvilinei realizzati nell’antistante Theodore Roosevelt Park, rinnovato per l’occasione.

Gilder Center – Facciata © Iwan Baan

L’andamento sinusoidale del prospetto non può non ricordare la soluzione di Gaudì per la facciata della casa Milà – la Pedrera, che aveva costituito un elemento libero e fortemente dinamico di raccordo angolare in un isolato del piano urbanistico Cerdà nel centro di Barcellona, svincolandosi dallo storicismo dell’architettura ottocentesca e anticipando l’essenza stessa dell’architettura organica, intesa come studio della natura quale fonte di ispirazione.

Il Gilder Center, costituendo il nuovo ingresso occidentale del Museo su Columbus Avenue, è stato progettato – come sottolineato dall’architetto Jeanne Gang –, «per invitare all’esplorazione e alla scoperta utenti di qualsiasi età e livello culturale, incoraggiandone il desiderio di imparare a conoscere il mondo naturale facendosi guidare dalla curiosità».

Gilder Center – Griffin Atrium © Iwan Baan

Ecco l’altra grande sfida: adempiere alla duplice vocazione del museo, che – in quanto “istituzione permanente, al servizio della società e del suo sviluppo” (ICOM, 2019) –, non si limita a offrire spazi espositivi, ma anzi si pone come centro di ricerca scientifica e come istituzione didattica, mettendo in evidenza la centralità della conoscenza come prima forma di rispetto per tutte quelle forme di vita interconnesse che arricchiscono il nostro pianeta.

L’atrio centrale, con i suoi cinque livelli di altezza, accoglie i visitatori presentandosi come un affascinante paesaggio da esplorare, e offrendo scorci e visuali differenti sugli spazi espositivi disposti ai vari piani e sui percorsi che li collegano: più di 20.000 mq dedicati, oltre che alle diverse collezioni, anche ad aree didattiche, laboratori di ricerca, spazi per esposizioni temporanee, e una nuova sala lettura al quarto piano connessa alla vasta biblioteca scientifica del museo.

Gilder Center – Ponte al quarto piano © Iwan Baan

La soluzione strutturale di questa grande sala è caratterizzata da un unico pilastro centrale ad albero, dal quale si dipartono travi radiali che sostengono il solaio strutturale e permettono anche l’apertura di enormi vetrate curve nella struttura in calcestruzzo proiettato.

Anche lo spazio a tutta altezza del Griffin Atrium, illuminato suggestivamente dalla luce naturale che penetra da un grande lucernario, è interamente realizzato con la tecnica del calcestruzzo proiettato (“shotcrete”), inventata agli inizi del Novecento dal naturalista e tassidermista Carl Akeley: il calcestruzzo viene proiettato direttamente sull’armatura, senza utilizzo di casseforme, ottenendo superfici curve ininterrotte: pilastri, archi ribassati, “caverne”, ponti, tutti caratterizzati da una finitura a mano in calcestruzzo bianco con una texture più liscia nelle zone a diretto contatto con i visitatori.

Gilder Center – Griffin Atrium © Iwan Baan

A differenza delle scale – in calcestruzzo gettato in opera – e delle vasche per le piante del Vivarium – realizzate in calcestruzzo prefabbricato –, la soluzione del calcestruzzo proiettato adottata per l’atrio, oltre a consentire una drastica riduzione dei costi e dei tempi di costruzione, ha garantito la morbidezza delle curvature e la totale assenza di linee di giuntura, rendendo possibile la creazione di uno spazio non convenzionale e avvolgente, drasticamente antitetico rispetto all’atrio originario classicista e monumentale.

La perfetta continuità degli elementi curvilinei rimanda ancora una volta alla logica strutturale riscontrabile nelle sezioni del portico del Parco Guell – con il diagramma dei carichi e delle forze per le colonne inclinate e le volte –, così come le forme morbide delle vetrate del Gilder Center ricordano le aperture scavate nelle volte e le finestre dal profilo curvilineo di casa Batllò.

Gilder Center – Griffin Atrium © Iwan Baan

Al di là delle possibili suggestioni, risulta chiaro che il primo termine di riferimento per lo Studio Gang è la natura stessa, intesa non solo quale protagonista del Museo ma anche quale fonte di ispirazione per un ripensamento radicale dell’identità dello spazio espositivo, basato su di una concezione organica dello spazio contrapposta alla razionalità della maglia ortogonale che caratterizza Manhattan, utilizzando le proprietà espressive del cemento armato proprio come dall’altra parte del Central Park aveva già fatto F. L. Wright per il Guggenheim.

Foto di copertina: © Iwan Baan

Laura Cristina Pepponi
Architetto con un Dottorato in Disegno e rilievo del patrimonio edilizio, autrice di oltre 50 articoli per la rivista “L’industria italiana del Cemento” (dal 1996 al 2009), ha svolto attività di collaborazione e ricerca presso l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione per la catalogazione di beni culturali e presso il Dipartimento di Biologia Vegetale (Università di Roma “La Sapienza”) per l’elaborazione del Sistema Informativo Territoriale per la gestione delle Aree Verdi del Comune di Roma. Si è occupata di progettazione di sistemazioni urbane e di allestimenti espositivi e ha collaborato a diverse pubblicazioni, anche con l’elaborazione di cartografie tematiche e l’analisi di opere architettoniche sia contemporanee che storiche.

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